L'addio a Nicola Pietrangeli Copertina, Generica

Ricordo di Nicola Pietrangeli, il campione che attraversò più generazioni

01/12/2025 10:21 2 commenti
Nicola Pietrangeli nella foto
Nicola Pietrangeli nella foto

Ho avuto la fortuna di vedere giocare Nicola Pietrangeli dal vivo. Era il 1971, al Circolo Tennis delle Cascine di Firenze, in occasione della finale dei Campionati Italiani Assoluti. Oggi può sembrare sorprendente, ma allora il titolo nazionale aveva un peso enorme: vi partecipavano tutti i migliori giocatori azzurri, e il pubblico riempiva le tribune in ogni fase del torneo.
Quella finale era la rivincita del 1970. Come un anno prima a Bologna, si ritrovarono di fronte il “mostro sacro” del tennis italiano, Pietrangeli, già 38enne e alla coda di una carriera mitica, e Adriano Panatta, 21 anni, il talento nuovo destinato a raccoglierne l’eredità. Dodici mesi prima aveva vinto Adriano al quinto set; anche a Firenze si respirava aria di battaglia.
Si giocava con le racchette di legno: minimo seicento grammi di peso, bilanciate al manico, incordate a budello naturale — un lusso che, per noi amatori, sembrava quasi irraggiungibile. Ricordo poco della partita in sé, vista insieme a mio babbo seduto su quelle tribune scomodissime costruite con i Tubi Innocenti, com’era uso all’epoca. Ma ricordo benissimo l’impressione che mi fece il gioco di Panatta: elegante, naturale, sempre proteso verso la rete. Un tennis che cercai invano di imitare per anni.

Il passante di Pietrangeli, il colpo iconico che aveva fatto la sua fortuna, non bastò per arginare la mobilità di Adriano sottorete. Finì 6-4 al quinto set: una vittoria che sancì il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo campione.
Ho un ricordo personale e quasi incredibile legato a quella giornata: la domenica successiva giocammo proprio sullo stesso campo, ancora allestito con tribune e tabellone manuale. L’emozione era tale che, per un set intero, non riuscii praticamente a colpire la palla.
Ritrovai Pietrangeli molti anni dopo, alla fine degli anni ’90, al Roland Garros. In qualità di ex campione aveva un posto assegnato nella tribuna presidenziale, ma quando gli chiesi un’intervista uscì con grande gentilezza. Parlammo a lungo. Già allora ricordava — non senza una punta di amarezza — che per il suo primo trionfo a Parigi aveva ricevuto mille franchi: una cifra simbolica, impensabile se paragonata ai montepremi e ai cachet degli anni ’90.
E aggiunse una frase che gli ho sentito ripetere più volte negli anni: «A Parigi mi trattano come un re. In Italia, molto meno.», anche se poi la Federazione lo ha nominato ambasciatore e gli ha dato l’importanza che meritava.
Ci rincontrammo ancora, molti anni dopo, a Monte-Carlo. Nadal aveva appena vinto l’ennesima finale e, tra partenze affrettate e navette per l’aeroporto, mi ritrovai in auto con un amico francese e con Nicola seduto davanti. Indicai Pietrangeli e dissi in francese: “Vedi il signore qui davanti? Ha vinto due volte il Roland Garros”. Nicola si voltò, perfetto francofono, e puntualizzò con un sorriso: «Se è per quello, ho fatto anche due finali.» Riposa in pace caro Nicola.



Enrico Milani


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2 commenti

winter 75 (Guest) 01-12-2025 12:19

GRANDISSIMO CAMPIONE E GRAN SIGNORE

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winter 75 (Guest) 01-12-2025 12:19

GRANDISSIMO CAMPIONE E GRAN SIGNORE

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