Monfils verso l’addio: ultima stagione nel 2026 e un futuro tra finanza e magia
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Sarà impossibile dimenticarlo, perché l’impronta lasciata da Gaël Monfils nel tennis va ben oltre vittorie, classifiche e trofei. Il francese è diventato un’icona globale grazie a uno stile di gioco inconfondibile, a un atteggiamento sempre autentico in campo e a un modo di vivere questo sport capace di creare un legame profondo con il pubblico, gli avversari e l’intero circuito. Il 2026 sarà la sua ultima stagione da professionista, a 39 anni, e Monfils affronta questo passaggio con lucidità, serenità e una sorprendente chiarezza sul futuro.
Colpi impossibili, difese irreali, sorrisi infiniti, battaglie epiche e una connessione naturale con i tifosi di tutto il mondo: Monfils è stato uno di quei giocatori che arricchiscono il tennis, che attirano persone sugli spalti solo con la propria presenza. I suoi balli eccentrici, il rispetto assoluto per gli avversari, l’ammirazione reciproca con i rivali, una longevità agonistica fuori dal comune e un carisma travolgente hanno accompagnato una carriera costruita su 13 titoli ATP, un best ranking da numero 6 del mondo e la capacità di raggiungere la seconda settimana in tutti i tornei del Grande Slam, con le semifinali al Roland Garros 2008 e allo US Open 2016 come apici di un percorso straordinario.
Ora il francese si prepara a vivere l’ultimo giro di campo con uno spirito limpido: divertirsi, onorare il tennis e lasciare un ricordo indelebile. In un’intervista concessa a RTL ha spiegato senza filtri la sua decisione: «Sono pronto a dire addio allo sport che mi ha dato tutto. Amo ancora il tennis e lo amerò sempre, ma alla mia età è molto difficile recuperare dopo ogni partita. Inoltre ho una famiglia a cui voglio dedicare tempo. È qualcosa di naturale: ogni storia ha una fine».
Tra i momenti più intensi di questo percorso c’è stato quello di comunicarlo al padre, figura centrale nella sua crescita umana e sportiva:«È stata la cosa più difficile. Ha dedicato quarant’anni della sua vita a trasmettermi l’amore per questo sport, a insegnarmi tutto quello che poteva. È stato un momento complicato, ma ha capito la mia scelta e si è sentito sollevato nel sapere che non avevo smesso di amare il tennis, ma che stavo semplicemente entrando in una nuova fase della mia vita».
Un rapporto speciale, riassunto da una frase che racconta più di mille parole: «Il miglior ricordo della mia vita legato al tennis è quando ho battuto mio padre per la prima volta».
Sposato con Elina Svitolina e padre dal 2022, Monfils guarda al futuro con curiosità e ambizione. Da un lato, il mondo della finanza, settore in cui ha già seguito corsi di formazione e svolto esperienze pratiche in una banca privata. Dall’altro, una passione che sembra perfettamente coerente con la sua personalità: la magia.
«È una delle mie grandi passioni e sto pensando seriamente di investirci tempo ed energie», ha raccontato, sorprendendo ma non troppo chi lo conosce davvero.
Dietro l’elettricità del personaggio c’è sempre stato un uomo riflessivo, consapevole, capace di reinventarsi. Gaël Monfils è stato genio e figura, dentro e fuori dal campo. Il 2026 sarà l’ultima occasione per vederlo danzare su un campo da tennis. Meglio assaporare ogni scambio, ogni sorriso, ogni colpo impossibile. Perché quando Monfils non ci sarà più, il tennis – semplicemente – perderà una parte della sua anima più spettacolare.
Marco Rossi
TAG: Gael Monfils

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personaggio positivo che ha fatto solo il bene del tennis, tutto l’opposto di gente tipo Kyrgios, Tomic e compagnia bella…
Personaggio gigantesco.
Eppure Lamonf ha tanti tifosi in giro per il mondo.
Generosissimo, sempre sorridente e gentile con tutti, a me personalmente mancherà la sua imprevedibilità.
A me onestamente ha quasi sempre annoiato, quando non indisposto. Ottimo per gli highlight di Youtube, diventava per me difficile guardare anche un solo set, figuriamoci un match. Una costante ricerca del gesto atletico guascone, tipo il diritto con salto, a discapito della ricerca del punto debole dell’avversario e della strategia di gioco, un’incapacità nel capire quando doveva variare e quando il punto contava davvero, a meno che non fosse una situazione palese. Tutto questo mi ha sempre stancato di lui dopo 5-6 game.
Se avesse voluto sarebbe stato un’alternativa ai big4 anche più di Tsonga, si vede che a lui andava bene così e preferiva il feeling col pubblico al risultato. Buon per lui, ma a me piace vedere altro.