Una recensione di Paolo Silvestri del libro del tennista spagnolo Altro, Copertina

Roberto Carretero, ascesa e caduta di un talento

08/11/2025 08:05 3 commenti
Roberto Carretero
Roberto Carretero

Da campione del Roland Garros junior e del Masters Series di Amburgo a telecronista di successo. Ci racconta la sua storia nel libro “El tenis desde dentro. Del vestuario a la cabina: un viaje al corazón del tenis” (Magazzini Salani, 2025)

Il nome di Roberto Carretero è tornato in prima linea, almeno per gli appassionati italiani, in occasione della recente impresa di Vacherot a Shanghai, vincitore di un Master 1000 come primo torneo in carriera, come qualificato e con il ranking più basso di sempre (204). Fino a quel momento in vetta a questa particolare classifica c’era appunto l’ex giocatore spagnolo, che nel 1996 e come 143 del mondo vinse il Masters Series di Amburgo inanellando, dopo aver superato le qualificazioni, una serie di schiaccianti vittorie (lasciando per strada solo 3 set) contro Jordi Arrese, Malivai Washington, Arnaud Boetsch, Gilbert Schaller, Yevgeny Kafelnikov e, in finale, contro il compatriota e amico Álex Corretja. Un exploit che lasciò perplessi anche i bookmaker più scafati, regalandogli un ranking vicino alla top 50, ma anche un pesantissimo zaino carico di grandi speranze e di enormi pressioni. La sua storia e soprattutto i motivi per i quali le grandi speranze si siano spente proprio sotto il peso delle enormi pressioni, oltre che per le innumerevoli lesioni e la poco accorta gestione della carriera, ce la racconta nel libro uscito proprio in concomitanza della vittoria di Vacherot, una assoluta casualità, per quanto sembri rispondere a una ponderata strategia di marketing.

In realtà nel “giro” del tennis spagnolo il trionfo di Amburgo fu la cronaca di un expolit annunciato, perché Carretero, Rober per gli amici, classe 1975, era fin da ragazzino considerato un predestinato. Anche se giocò poco perché passò precocemente ai tornei pro, a livello juinor era fortissimo e lo testimoniano la vittoria al Roland Garros 1993 in finale con l’amico e compagno di percorso Albert Costa, che poi si vendicò qualche mese dopo nella finale dell’ Orange Bowl. Ottimo talento, fisico possente, due autentiche querce al posto delle gambe, rovescio a una mano, servizio liftatissimo eseguito con un esasperato “effetto molla” del corpo e, soprattutto, un dritto assolutamente devastante, che risulterebbe competitivo anche nel tennis attuale. Il fisico erculeo di cui era dotato era però estremamente fragile e le lesioni iniziarono a minare il suo percorso, a cominciare da un problema congenito alla spalla, senza dubbio peggiorato dal movimento macchinoso del servizio.

C’è però un nemico più subdolo delle lesioni: la mente. E Rober in questo senso era, come lui stesso ammette con estrema sincerità, specialmente vulnerabile. Dotato di una forte personalità, molto carismatico, testardo, incline alle distrazioni extrasportive, difficile da gestire sia in campo che fuori… Il tipico cavallo pazzo insomma, che dopo Amburgo non ha saputo -e il suo entourage di allora non l’ha certamente aiutato- a mantenere i piedi per terra e continuare con umiltà il suo percorso di crescita e di consolidamento tennistico ed umano. Racconta che, dopo la finale di Amburgo, approdò a Roma e si trovò uno stuolo di fan e curiosi a seguirlo, dal primo allenamento fino all’esordio, in cui perse per un soffio al tie break del terzo set contro Philippousis. Arrivò a Parigi la settimana dopo come uno dei favoriti, ma inciampò ancora al primo turno, perdendo da Kucera in cinque set. Lui stesso dice che se avesse vinto quei due match, forse le cose sarebbero andate diversamente, invece quei fulmini a ciel sereno innestarono una spirale negativa di delusione, dubbi, sfiducia, aggravata dalla pressione per la gestione economica nonché dalle lesioni, e dalla quale sostanzialmente non riuscì mai ad uscire davvero, imboccando la strada di una carriera breve e in sordina. Vincerà da allora solo un paio di Challenger (Sopot e Wieden nel ’99), dopo i quali si trascinerà ancora con qualche sporadica apparizione, fino al ritiro definivo, nei quarti di finale di un satellite catalano nel 2002. Ma, come racconta lui stesso, prima ancora di esserne del tutto cosciente, partecipò agli ultimi tornei già come ex giocatore e il momento del ritiro ufficiale fu per lui una vera liberazione. “Cuando dejé el tenis -dice nella frase di apertura del libro- no solo se acabaron los sueños, también los problemas. Ahí volví a ser feliz” [Quando lasciai il tennis non terminarono solo i sogni, ma anche i problemi. In quel momento tornai ad essere felice].

 

 

La ritrovata felicità gli consente di intraprendere una “seconda vita” ricca di tutte quelle soddisfazioni che, nonostante le aspettative sue ed altrui, non era riuscito a trovare sul campo. Per un periodo si dedica con successo all’organizzazione di eventi, tennistici e non, apre un ristorante e poi, un po’ per caso, viene assunto come telecronista nell’area tennistica della piattaforma TV Movistar+, attività che svolge ormai da una ventina d’anni in tandem con il giornalista José Antonio Mielgo, con un suo stile che lo ha reso noto in Spagna e che, almeno agli inizi, rompeva gli schemi delle più paludate telecronache classiche. I commenti di chi il tennis lo conosce molto bene sono infatti trasmessi con un tono disinvolto, spontaneo, leggermente svaccato, e ti sembra quasi di sentir parlare un amico seduto con te davanti alla Tv con un boccale di birra in mano.

La seconda parte del libro riporta una serie di interviste, o meglio di chiacchierate a braccio, con la sua spalla televisiva José Antonio Mielgo e con cinque ex giocatori ai quali, per un motivo o per l’altro, è particolarmente legato: Rafa Nadal, che non ha di sicuro bisogno di presentazioni, ammirato sopratutto per la sua straordinaria resilienza; Albert Costa, con cui è cresciuto tennisticamente e che, a differenza di Roberto, ha saputo gestire ottimamente la sua crescita fino a consolidarsi come un grande giocatore, top ten e campione del Roland Garros; Álex Corretja, amico e oggi collega telecronista, sempre ammirato e in qualche modo invidiato per la consistenza, l’ordine e la solidità dimostrati nella sua carriera, tanto da sfiorare la vetta del ranking e trionfare nel Master; Guga Kuerten, ex numero 1 e triplice campione del Roland Garros, che racconta come per i ragazzini sudamericani Costa e Carretero (che chiama affettuosamente “Carreta”) fossero considerati dei veri e propri miti e che il loro esempio contribuì decisamente alla sua crescita come giocatore; e, infine, un altro numero uno e campione Slam, Marat Safin, russo tennisticamente ispanizzato, che ci offre una visione del tennis e della vita di straordinaria e acutissima profondità. Chiude il libro un’ultima intervista a Mariano Montecillas, preparatore fisico che collaborò anche per un periodo con Roberto e che descrive molto bene come il concetto e la pratica della preparazione fisica siamo cambiati negli ultimi trent’anni, con un approccio più professionale e soprattutto individualizzato che consente la prevenzione di lesioni e una longevità sportiva prima impensabile.

La storia di Roberto Carretero ha non poche affinità con quella di Carlos Cuadrado che abbiamo raccontato recentemente. Entrambi giovani talenti di belle speranze, vincitori del Roland Garros Junior, con due carriere che si spensero progressivamente soprattutto a causa di lesioni che forse la maggiore professionalizzazione attuale a livello di preparazione fisica, prevenzione e trattamento avrebbe potuto controllare e arginare. E anche, in entrambi i casi, la capacità di reinventarsi ottenendo nella seconda tappa della loro vita il successo (e la serenità) che non erano riusciti a trovare sui campi da tennis.

Paolo Silvestri


TAG: , , ,

3 commenti

Christian (Guest) 08-11-2025 10:19

Io ero presente sulle gradinate di Roma al campo n5 nel 1996 contro Philippoussis che era il mio pupillo…il court era pieno con tante persone fuori le transenne e in quel periodo non era cone oggi….

3
Replica | Quota | 0
Bisogna essere registrati per votare un commento!
murbi (Guest) 08-11-2025 09:28

Fisico erculeo ma bastava che facesse un respiro e qualcosa si rompeva, poveretto.

2
Replica | Quota | 0
Bisogna essere registrati per votare un commento!
pafort 08-11-2025 09:21

non è facile a 20 anni essere professionista!

1
Replica | Quota | 0
Bisogna essere registrati per votare un commento!