
Il cuore oltre la rete: Mager si racconta tra sacrifici, sogni e rinascita “Mi ricordo tornei in Israele in cui dormivamo in una casa con la cucina sopra il letto, solo per risparmiare. Dovevi vincere per pagarti l’hotel. Non è il tennis che la gente immagina: è una vita di sacrifici.”


Come già anticipato alcune settimane fa, Gianluca Mager ha deciso di ritirarsi dal tennis professionistico a soli 30 anni. Una scelta ponderata, maturata nel tempo, che segna la fine di una carriera intensa, fatta di sacrifici, battaglie, momenti di gloria e anche di difficoltà. Il tennista ligure, originario di Sanremo, lascia il circuito dopo aver raggiunto il suo best ranking di numero 62 al mondo e aver avuto l’onore di indossare la maglia azzurra in Coppa Davis.
Una carriera costruita passo dopo passo, tra gavetta nei Futures, anni difficili nei Challenger, e un 2020 da incorniciare, culminato con la finale ATP di Rio de Janeiro contro Cristian Garin. Un traguardo che lo aveva consacrato tra i migliori, ma che, col passare del tempo, ha lasciato spazio a un’altra consapevolezza: quella di un uomo che ha dato tutto, e ora vuole semplicemente ritrovare la serenità.
“Ho detto basta: non avevo più il fuoco dentro”
Intervistato da Fanpage.it, Mager ha raccontato con sincerità il percorso che lo ha portato alla decisione di smettere:
“Quel fuoco che mi ha sempre spinto a lottare ogni giorno si è affievolito. Quando è nata mia figlia, ho capito che era finita. Partire per un torneo era diventato pesante, un disastro. Già nel 2023 mi ero fermato per sei mesi, poi ho provato a riprendere, ho vinto un Challenger in Uruguay, ma non era più lo stesso. Ho scelto la serenità, la famiglia, la salute mentale.”
Oggi, lontano dai riflettori del circuito ATP, Gianluca si divide tra la famiglia e il suo nuovo ruolo di maestro e coach nel circolo dove è cresciuto, accanto al suo storico allenatore Matteo Civarolo.
“Lavoro in campo ogni giorno, mattina e pomeriggio. Mi piace tantissimo trasmettere ai ragazzi quello che ho imparato, non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto umano. Ora sto bene, mi sento felice. Non mi manca nulla.”
Dalla ribellione giovanile alla maturità
Mager non nasconde di aver attraversato un’adolescenza difficile, in cui rischiò di perdersi:
“Ero ribelle, non mi piacevano le regole. Ma quella fase mi ha formato. Senza di essa non sarei la persona che sono oggi. Mi ha limitato sotto certi aspetti, ma mi ha insegnato molto. Oggi direi a un ragazzo giovane di guardare alla crescita personale, non solo al risultato. Troppi ragazzi pensano solo a vincere, ma la cosa più importante è imparare, costruirsi come persona.”
Fondamentale, in quel percorso, il ruolo della famiglia:
“I miei genitori mi sono sempre stati accanto, ma senza pressioni. Mio padre è appassionato, mia madre non sa neanche cosa voglia dire 15-0. Eppure mi hanno sostenuto nel modo giusto, lasciandomi libero di sbagliare e crescere. Oggi è raro. Non è un caso che i primi due giocatori del mondo vengano da famiglie così: presenti ma non invadenti.”
“Il tennis è uno sport durissimo, non è tutto glamour”
Il sanremese racconta senza filtri la durezza del tennis, specialmente per chi non naviga ai vertici della classifica:
“Quando non sei tra i primi cento, è una lotta continua. Viaggi infiniti, spese enormi, nessuna sicurezza economica. Mi ricordo tornei in Israele in cui dormivamo in una casa con la cucina sopra il letto, solo per risparmiare. Dovevi vincere per pagarti l’hotel. Non è il tennis che la gente immagina: è una vita di sacrifici.”
Negli ultimi anni, ammette, qualcosa è cambiato in meglio:
“Ora l’ATP garantisce un minimo ai primi 250, offre ospitalità anche nelle qualificazioni. Quando ho iniziato io, nulla di tutto questo esisteva. Dovevi arrangiarti. Ma resta uno sport spietato, dove chi non ce la fa rischia di bruciarsi.”
E anche il tema economico rimane cruciale:
“Una volta le qualificazioni di uno Slam pagavano 7-8 mila euro, ora sono 15-16. È un passo avanti, ma se non hai classifica e devi viaggiare lontano, le spese sono altissime. Un coach, un preparatore, un fisioterapista: sono costi che tanti non possono sostenere. Io spesso andavo da solo ai tornei, perché portare un allenatore significava andare in perdita.”
“Oggi i giovani sono più professionali”
Secondo Mager, il tennis moderno è cambiato radicalmente rispetto a quando lui muoveva i primi passi:
“Oggi i giovani sono molto più professionali. Curano tutto: preparazione, alimentazione, attivazione. Quando avevo vent’anni, era diverso, si lavorava meno su certi dettagli. È una generazione diversa, e per fortuna. Ma è anche una generazione sotto molta più pressione, spesso spinta troppo presto da famiglie e sponsor.”
Il rapporto con Sinner e Musetti
Nel corso degli anni, Mager ha avuto modo di condividere il campo e momenti di vita con i protagonisti del tennis italiano di oggi.
“Conosco bene Lorenzo Musetti: mia moglie è sorella della sua compagna, lo seguo da quando era ragazzino. È un ragazzo con una famiglia che lo lascia lavorare, si fida del maestro, e questo è fondamentale.”
E su Jannik Sinner, le parole sono di profonda stima:
“Ci siamo allenati diverse volte insieme, e ogni volta mi ha colpito la sua umiltà. È un ragazzo con veri valori, lo si percepisce subito. Che sia numero uno o numero cento, resta sempre se stesso. È la dimostrazione che si può arrivare in alto restando persone perbene. E questo, nel tennis e nella vita, conta più di tutto.”
Ricordi e bilanci di una carriera
Due momenti restano indelebili nel cuore di Mager:
“Il mio debutto in Coppa Davis a Cagliari è stata l’emozione più grande, anche se il Covid costrinse a giocare senza pubblico. Conservo ancora quella maglia, sporca, dentro un quadro. L’altro ricordo è la finale di Rio de Janeiro: lì ho sentito di aver preso il mio posto nel tennis, di aver raccolto i frutti di anni di sacrifici.”
Oggi, però, è tempo di guardare avanti, con una nuova prospettiva e una rinnovata pace interiore:
“Mi piace la mia vita così. Mi sveglio la mattina, lavoro con i ragazzi, torno a casa e sto con la mia famiglia. Dopo tanti anni di corse, aerei, hotel e solitudine, sto riscoprendo la quotidianità. È una sensazione meravigliosa.”
TAG: Gianluca Mager, Italiani
5 commenti
Ho sempre pensato che Gianluca fosse meglio di Sonego, solo gli mancava la sua voglia di combattere. Piuttosto che un coach (per un breve priodo ha avuto Flavio Cipolla) preferiva farsi allenare dalla sua futura moglie, Valentine Confalonieri (chissà perchè fa quella perifrasi quando parla di Musetti, sarebbe bastato dire “siamo cognati”) e da Matteo Civarolo, attualmente coach di Arnaldi. Ha cominciato a vedere il tennis com lavoro quando era già grandicello, forse non lo ha mai veramente considerato tale.
Magerino è stato un buon tennista a livello di Challenger mentre aspettavamo l’esplosione, mai avvenuta, di GQ. Ha avuto pure momenti di ottimo tennis a livello ATP, non si arriva 62 al mondo per caso. Ragazzo serio, buona vita, credo sempre nel mondo della racchetta, potrebbe essere un ottimo coach.
Che bella intervista. Mager ottima persona, oltre che un buon Tennista. Complimenti Redazione.
sono i forfettari dello sport i tennisti, disperata ricerca di qualche fattura e intanto costi
Bellissima intervista. Niente fronzoli. Una persona.