Misolic: “Cobolli troppo forte oggi”. Melzer: “Orgogliosi del nostro percorso, l’Austria cresce”. Rodionov a testa alta: “La pressione si è fatta sentire, ma ho lottato fino alla fine”
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La sconfitta per 6-1 6-3 contro Flavio Cobolli chiude il confronto dell’Austria con l’Italia, consegnando agli azzurri il 2-0 e mettendo fine alla corsa del team guidato da Jürgen Melzer. In conferenza stampa, Filip Misolic ha analizzato con lucidità le ragioni di un match mai realmente in equilibrio, evidenziando la superiorità dell’avversario e la necessità di crescita sul cemento.
Misolic, già sconfitto da Cobolli sei mesi fa in due set molto più combattuti, ha riconosciuto la differenza di livello vista in campo:
«Sono passati sei mesi, e sei mesi nel tennis sono tanti. Lui ha alzato il suo livello, anch’io l’ho fatto, ma su questa superficie la differenza nel suo gioco è enorme rispetto al mio. Oggi aveva tutte le soluzioni, non avevo una tattica che potesse funzionare.»
Una consapevolezza amara ma costruttiva:
«Non è facile perdere così, ma almeno so dove sono e su cosa devo lavorare per arrivare al suo livello.»
Il capitano Jürgen Melzer, interpellato sulla gestione dei propri giocatori davanti a un pubblico così caldo, ha voluto principalmente spegnere il tema pressione:
«Li prepariamo a ciò che li aspetta, ma se non hai mai vissuto un’atmosfera così, all’inizio può essere travolgente. Detto questo, la folla non è stata un problema: il pubblico è stato corretto e l’atmosfera bellissima.»
Il capitano ha poi sottolineato come i due match della giornata abbiano avuto nature completamente diverse:
«Il primo è stato un incontro di altissimo livello, deciso da pochi punti. Matteo ha tirato cinque servizi enormi nei momenti chiave, quattro oltre i 215 km/h: questa è classe. Il secondo, invece, è stato purtroppo a senso unico.»
Riflettendo su un possibile cambio di inerzia, Melzer ha ammesso che un terzo set nel match di Rodionov avrebbe potuto cambiare tutto:
«Se Jurij avesse portato a casa quel secondo set, il momentum sarebbe cambiato. Avrebbe iniziato a crederci ancora di più. E magari il risultato sarebbe stato diverso.»
Guardando al futuro, il capitano ha espresso grande orgoglio per il percorso dell’Austria in questa stagione:
«Dobbiamo essere fieri. Abbiamo affrontato nazioni con ranking molto più alto del nostro e siamo arrivati tra le migliori otto. Per un Paese piccolo come il nostro è un risultato enorme. Prendiamo tanta fiducia da quest’anno.»
C’è anche un importante vantaggio per la prossima stagione:
«Saremo teste di serie per il sorteggio del prossimo anno. Non basta per garantirsi un buon tabellone, ma aiuta. Speriamo anche di poter giocare in casa per dare qualcosa ai nostri tifosi.»
Nonostante la sconfitta contro Matteo Berrettini per 6-3 7-6, Jurij Rodionov esce dalla sfida di Davis Cup con l’Italia con sensazioni contrastanti: da un lato il rammarico per non essere riuscito a concretizzare le occasioni avute, dall’altro la consapevolezza di aver giocato un match di grande qualità in un’atmosfera imponente.
In conferenza stampa, il tennista austriaco ha raccontato la difficoltà di restare lucido in un ambiente così rumoroso:
«Con così tante persone è difficile distinguere persino le lingue. Cercavo solo di restare nella mia zona, concentrato sul mio piano partita. Ogni tanto sentivo i tifosi che urlavano il mio nome, specialmente in tedesco, ma ho preferito ignorare tutto il possibile. Se faccio un vincente, 500 persone tifano per me; se faccio un doppio fallo, 10.000 tifano contro di me.»
Il momento chiave della partita è arrivato nel secondo set, quando Rodionov si è trovato avanti di un break e poi sul 5-3. Qui, ammette, la tensione ha avuto un ruolo determinante:
«Mi sono irrigidito. Ho smesso di giocare il mio tennis, sono diventato troppo passivo, sperando che Matteo sbagliasse. La pressione ha avuto la meglio.»
Nonostante l’amarezza per aver mancato la chance di chiudere il set, Rodionov sottolinea di essere riuscito a reagire:
«Ero deluso, ma ho dimenticato rapidamente gli errori. A 5-4 ho avuto tre set point sullo 0-40, ma Berrettini ha giocato un game al servizio impressionante. Ha servito in modo incredibile nei momenti decisivi.»
Il tennista austriaco ha poi parlato di come la pressione del palcoscenico avesse inciso già nel primo set, nonostante un avvio convincente:
«Nei primi game servivo bene. Poi, avanti 40-15, ho iniziato a pensare troppo. A questi livelli, in un’arena così, basta un attimo e tutto cambia.»
Fondamentale, nel secondo set, il supporto del capitano Jürgen Melzer, che ha cercato di tenerlo dentro la partita:
«Mi diceva solo di continuare a lottare, di non perdermi. In quelle situazioni non c’è molto altro da dire. Io ho cercato di restare calmo e combattere fino all’ultimo.»
Alla domanda sul perché fosse ancora solo numero 177 del mondo, Rodionov ha risposto con grande onestà e un pizzico di autoironia:
«Me lo chiedono da quando ho 18 anni. Se guardi una sola partita, ti fai un’idea; se ne guardi 30, capisci perché sono 177. La mia lotta più grande è trovare continuità. In Davis Cup gioco come contro Fucsovics in Ungheria — 6-1 6-2 — poi nei Challenger faccio quarti come miglior risultato in quattro tornei.»
Guardando avanti alla prossima stagione, l’austriaco conserva fiducia, pur dichiarandosi per natura poco ottimista:
«Ho tutti gli strumenti per scalare il ranking: devo solo trovare un modo per usarli con continuità, settimana dopo settimana. Ho un grande team che crede in me, ma alla fine dipende da me fare l’ultimo passo. Sto provando a fare le scelte giuste. Il tempo dirà se ci riuscirò.»
Per l’Austria, la Davis Cup 2025 si chiude con orgoglio e realismo: la distanza dalle grandi nazioni c’è, ma il gruppo guidato da Melzer ha dimostrato di poter competere e crescere. Ora il lavoro continua, con la consapevolezza di aver gettato basi solide per il futuro.
Francesco Paolo Villarico
TAG: Coppa Davis, Coppa Davis 2025, Davis Cup, Davis Cup 2025, Filip Misolic, Jurgen Melzer, Jurij Rodionov

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