Moez Echargui, più forte di burocrazia e infortuni: da Milano la rivincita (targata MXP) del numero uno africano

07/10/2025 12:15 5 commenti
Moez Echargui, classe 1993 da La Marsa (Tunisia), nel 2025 ha già vinto nove titoli internazionali
Moez Echargui, classe 1993 da La Marsa (Tunisia), nel 2025 ha già vinto nove titoli internazionali

Numero 504 della classifica mondiale Atp a inizio anno, numero 145 oggi, come eredità di una stagione da urlo che l’ha già visto vincere tre titoli a livello Challenger e altri sei nel circuito Itf, fino a renderlo il miglior giocatore di tennis dell’intero continente africano. Ma nel percorso con la racchetta di Moez Echargui, il tunisino classe ’93 che dal 2022 si allena con l’MXP Tennis Team (prima nel Varesotto e oggi al Quanta Club di Milano), c’è molto più del presente, fin da quando appena maggiorenne si trovò sostanzialmente costretto – come altri connazionali – a lasciare il suo paese a favore del college negli Stati Uniti. Per via della carenza di risorse economiche, ma anche di strutture e tecnici all’altezza, era la soluzione migliore (o la sola) per continuare a inseguire il mondo dei “pro”. Per lui, il sogno di fare del tennis giocato il proprio lavoro è diventato realtà non prima dei 22 anni, con in tasca una laurea in ingegneria e scienze informatiche, ma la svolta sarebbe arrivata parecchie stagioni più tardi, dopo l’approdo in Lombardia e dopo aver fatto i conti con una serie di infortuni che avrebbero messo al tappeto chiunque. Prima il crac a un ginocchio, poi problemi a un polso, a una caviglia e per ultimo – nel settembre del 2024 – uno strappo al bicipite femorale che l’ha obbligato a fermarsi di nuovo e ricominciare, alla soglia dei 32 anni.

“Ricordo quando lo scorso gennaio – dice Marco Brigo, direttore sportivo di MXP – io e Fabio Chiappini ci siamo seduti a un tavolo con Moez e l’abbiamo invitato a riflettere su cosa volesse fare del suo futuro, data l’età e la classifica di nuovo crollata. Lui ci ha guardato negli occhi e ci ha detto ‘sto bene, credo nelle mie possibilità e penso di poter ancora raggiungere i primi 100 del mondo, quindi vado avanti’. Non aveva alcun dubbio e ha avuto ragione lui”. Da quella chiacchierata è partita una super stagione, diventata da favola fra agosto e settembre: Echargui ha vinto a Porto il primo titolo Challenger in carriera, poi si è preso il sesto Itf stagionale e quindi altri due Challenger, a Hersonissos (Grecia) e a Saint-Tropez (Francia). In tre mesi ha scalato circa 300 posizioni nel ranking e si trova oggi nei primi 150, con la certezza di debuttare nelle qualificazioni dei tornei del Grande Slam. Lo farà a gennaio all’Australian Open, a 33 anni: non è un record ma poco ci manca, e lo ripaga di una carriera fatta di enormi sacrifici, impossibilità nel raggiungere le destinazioni di molti tornei a causa del visto negato, lotta per la sopravvivenza col portafoglio spesso vuoto.

“Quando nel 2022 ha iniziato il percorso con MXP – dice ancora Brigo – era senza denaro e senza permesso di soggiorno. Abbiamo trovato insieme una soluzione che gli permettesse di allenarsi con noi malgrado la carenza di risorse, ma poteva stare in Italia con un visto sportivo per un numero di settimane ben preciso. È stato molto complesso far conciliare questo obbligo con la sua attività. Fortunatamente, nel 2024 è riuscito a ottenere il permesso di soggiorno grazie al tesseramento per una squadra di Serie A1, così si è potuto stabilizzare in Italia e abbiamo iniziato a concentrarci solo sul tennis”. Come è andata lo dice la classifica Atp e non è finita qua, visto che per parecchi mesi Echargui avrà pochi punti da difendere, dunque può salire ancora verso l’obiettivo top-100. “Il livello che ha raggiunto – spiega ancora Brigo – lo rende un traguardo alla portata. Sarebbe l’ennesima rivincita di un ragazzo d’oro, la cui storia può essere d’ispirazione per tanti, visto ciò che ha dovuto superare. Oggi nei primi 200 giocatori della classifica mondiale c’è un solo africano, lui. Per arrivare fino a lì, partendo da un paese che non gli offriva grandi opportunità, ha dovuto lottare molto più di tanti altri, combattendo con la burocrazia, gli infortuni e anche le difficoltà finanziarie. Siamo orgogliosi di aver creduto in Moez fin dall’inizio: è stata la scelta giusta e gli auguriamo di togliersi ancora tante altre soddisfazioni. Se le merita tutte”.


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5 commenti

walden 07-10-2025 16:13

Il Colonnello Buttiglione, per non smentire la sua fama, ha scritto di nuovo fesserie in contraddizione con le altre fesserie che scrive, neppure nelle fesserie riesce ad essere coerente.
Anni fa, scrissi che la dimostrazione di quanto organizzare tornei in un paese non serve ad un accidente, se non ci sono strutture che garantiscano, in primo luogo, l’esistenza di potenziali tennisti, era data da due paesi, Tunisia ed Egitto, che organizzano, ogni anno, decine di Futures (ed anche qualche Challenger), ma che non hanno tennisti al livello challenger, perchè manca tutto il resto. Inaffti il buon Echargui, atleta che mi è capitato di seguire talvolta, quando giocava contro tennisti italiani, è un buon tennista, sicuramente merita la posizione che copre. Ma per dover diventare un tennista professionista è dovuto prima andare negli USA, come studente, e poi in Italia, dove, oltre ai tornei, ci sono anche le strutture. Sarebbe stato interessante se l’articolo avesse approfondito l’argomento visti, che colpisce anche i cosiddetti “privilegiati”, Bortolotti non potè partecipare agli USO di doppio perchè gli fu negato il visto, per una ragione pretestuosa, d’altronde gli USA negavano il visto anche ai Premi Nobel che non era al loro libro paga.
Tornando al nostro tennista tunisino, che sarebbe un privilegiato pure lui, sempre secondo il Noto Fissato, per i numerosi Futures che si organizzano colà. Però non si capisce perchè, seguendo il suo ragionamento, non ce ne siano almeno una decina nei primi 1000.
Sapete quanti sono in tutto? 3, oltre ad Echargui, Dougaz, attualmente 240 con un BR 185, e Ouakaa, 628 con BR 603. Gli altri, tutti giovanissimi, sono oltre la 1500 posizione. Chissà, fra qualche anno avremo un altro tennista tuinisino nel primi 200, magari si sarà allenato in Italia, o in Spagna o in Francia.
Nel frattempo il Colonnello Buttiglione avrà alfine completato il suo tomo delle fesserie.

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Andreas Seppi 07-10-2025 13:58

Grande Moez, umile e simpaticissimo

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Massimo.bianco29@yahoo.it (Guest) 07-10-2025 13:44

Scritto da Italo
Bella storia che dimostra che i talenti africani esistono (nella classifica junior ce ne sono diversi) ma il passaggio al professionismo è economicamente difficile da raggiungere.
Ci vorrebbero più tornei atp, un circuito challenger più lungo, maggiori investimenti in strutture…
Chissà che le fondazioni dei tennisti non siano d’aiuto in questo senso

Mi spiace dover correggere diverse inesattezze che sono state scritte in questo articolo dal sapore mooolto propandistico e di parte.
Ho provato diverse volte a scrivere quanto sia complicato arrivare a certi livelli se non si appartiene alle poche nazioni ben note che godono di privilegi continui.
Lui è arrivato a 32 anni(davvero bravo a farcela)soprattutto grazie ai tornei Itf che si svolgono tutte le settimane(da anni)nel suo paese natale e poi grazie ai tre challenger vinti in questa stagione,ho voluto dire questo ancora una volta,non per togliere meriti a lui(anzi,ANCORA BRAVO a riuscirci),ma per far capire ad un utente in particolare(quello che
inizia per doppia W),quanto è fondamentale avere tornei(a partire da quelli Itf 15k ogni settimana nel proprip paese per poter scalare il ranking e poi uscire dalla propria “comfort zone”.
Senza i 6 gli Itf 15 e 25K vinti in questa stagone(oltre a quelli degli anni passati ndr)non avrebbe mai potuto giocare e vincere a livello challenger,ai tunisini o ai famosi panda players le WC non arrivano!!!
Spero di non incorrere in nuove censure(ho provato almeno dieci volte a scrivere su di lui)per aver voluto scrivere una volta ancora
l’importanza di certi privilegi.
PS: Echargui ha tutta la mia stima,se non fosse ancora ben chiaro,ma di certo quando qualcuno(ancora si ostina a negare i palesi vantaggi di avere certi privilegi sostenendo che nessuno di loro ha poi raggiunto un livello Atp/Challenger)non si può tacere…

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Henry (Guest) 07-10-2025 13:43

L’altro Tennis…oltre le luci e i milioni delle esibizioni dai beduini petroliferi :roll… e del Million Dollar Shit

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Italo (Guest) 07-10-2025 12:27

Bella storia che dimostra che i talenti africani esistono (nella classifica junior ce ne sono diversi) ma il passaggio al professionismo è economicamente difficile da raggiungere.
Ci vorrebbero più tornei atp, un circuito challenger più lungo, maggiori investimenti in strutture…
Chissà che le fondazioni dei tennisti non siano d’aiuto in questo senso

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