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 18 commenti
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					Che fine ha fatto Thanasi Kokkinakis? È una domanda che molti appassionati di tennis si sono posti negli ultimi mesi. L’australiano non disputa un match ufficiale dall’Australian Open 2025, quando perse al secondo turno contro Jack Draper al termine di una battaglia di cinque set. Da allora, silenzio. Solo adesso, grazie a un’intervista, emergono i dettagli del lungo calvario che ha segnato la carriera del 29enne di Adelaide.
Kokkinakis ha rivelato di aver convissuto per anni con una rottura al pettorale, una condizione che lo costringeva a giocare tra dolori insopportabili e a fermarsi nei tornei più impegnativi. “Ho giocato con una rottura al petto per gran parte degli ultimi quattro o cinque anni. Nei match lunghi o nelle partite ravvicinate il braccio si gonfiava e non riuscivo più a competere. Continuare significava solo ritirarmi alla fine”, ha spiegato.
Per mettere fine a questo incubo, il tennista si è sottoposto a un’operazione mai tentata prima da un giocatore professionista: “Mi hanno rimosso molto tessuto cicatriziale e tagliato metà del pettorale destro. Poi mi hanno innestato parte del tendine d’Achille di un donatore per collegare il muscolo al braccio. Era un rischio enorme, ma non potevo più andare avanti così”.
Nonostante i tanti infortuni e le operazioni, Kokkinakis non vuole arrendersi. L’obiettivo è chiaro: tornare in campo a gennaio 2026, durante la tournée australiana. “Ora sto meglio, ho ripreso ad allenarmi seriamente da qualche settimana. I colpi da fondo sono quasi al 100%, ma il servizio è la parte più complicata da recuperare. Voglio rientrare all’inizio del 2026 e questa volta giocare senza dolore, cosa che non mi era quasi mai capitata in carriera”, ha dichiarato con determinazione.
Kokkinakis, che due anni fa era riuscito a entrare in Top 70, continua quindi a inseguire il sogno di una carriera mai del tutto sbocciata a causa di un fisico fragile. E la sua prossima sfida sarà, ancora una volta, con il tempo e con il suo corpo.
TAG: Notizie dal mondo, Thanasi Kokkinakis

 
  
  
  
  
					 
			 
			 
			 
			 
									 
									 
									 
									 
									 
									 
									 
									 
		 
		 
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Di 100 aspiranti professionisti, solo 1 riesce a raggiungere alti livelli. Il talento quasi sempre c entra in minima parte , nel tennis attuale emerge chi ha le giunture piu resistenti.
C e chi smettere in tenera eta (come me a 16 anni) e chi come 4k che doveva appendere la racchetta al chiodo a 25.
I risultati si pagano dai 40 in su ahime
Vedo che non hai capito nulla del concetto espresso.
Ma state scherzando? Ve le ricordate le racchette di legno?
Oggi é tutto piú graduale e misurato, non c’é proprio paragone con quei piccoletti che menavano clave pesanti e consunte di Fine anni ’70.
I genitori non c’entrano nulla, anche perché se uno arriva al tennis pro nei primi 100 é sicuramente uno di quelli che si allena con la frequenza di cui sopra…ovviamente insieme ad altri 100.000 che finiscono dietro a gonnelle, a farsi le canne o peggio smadonnando dietro al padre padrone, a giocare il torneo di tennis nazionale degli avvocati, o a fare quello che “da ragazzo ho giocato con Cobolli”.
@ brunodalla (#4483308)
Non trovo molta differenza tra quel che Lei scrive e quanto scrivo io: certamente non penso, mai pensato, che abbiano modificato (secondo me depotenziato resta la giusta definizione) il giavellotto solo perché altrimenti chi lo lancia ci rimetterebbe l’articolazione scapolo-omerale.
Ma sia per tutelare la salute di chi pratica la disciplina che per evitare a chi ne condivide lo scenario di farsi male, sono, sarebbero, ambedue provvedimenti mirati ad evitare che ci si faccia male.
Si può eventualmente discutere se sia vero che le versioni più recenti di racchette da tennis siano la vera causa di tanti, troppi, infortuni: il gomito del tennista c’è sempre stato, anche ai tempi di Suzanne Lenglen; ma lesioni muscolari così gravi come questa qui descritta o come quella che affligge Dimitrov da quel di a Londra io non le ricordo.
@ Italo (#4483295)
dopo berrettini
@ tinapica (#4483260)
solo per inciso: il giavellotto si è dovuto cambiarlo (non depotenziarlo) perchè altrimenti finiva sulla pista dalla parte opposta dello stadio di atletica. e ricordo che è uno strumento abbastanza pericoloso, come dimostra l’episodio dello stadio olimpico di qualche anno fa. continuando con quell’attezzo sarebbe atterrato fra gli spettatori.
Un tempo l’approccio al tennis per i bambini era terribile: racchette pesanti e con bilanciamento mal distribuito,ovali piccoli e uso di palline usurate rendevano le prime lezioni uno strazio,errori di continuo facevano perdere la caratteristica di gioco per ricondurla più a quella di disciplina con ripetizione a vuoto di colpi che ricordano i filmati del Ventennio.
Dopo la transizione tra legno e graphite con l’intermezzo dell’alluminio che diede tanto lavoro agli ortopedici si è avuto l’ingresso della fibra di vetro.
Racchette leggere,riproducenti i telai dei grandi poi realizzate in varie lunghezze/pesi che hanno consentito di emulare precocemente la gestualità degli adulti. Le palline differenziate per età,campi ridotti così come le reti ribassate hanno consentito di giocare a tutti quasi da subito ed il bambino che non si annoia è felice.
Purtroppo se posso colpire in fase di crescita con gesti simili ai grandi,seppur con l’attrezzatura “ridotta”, sollecito le articolazioni.
Sabato per dire avevo un bambino con cui ho chiacchierato ed il padre: “visto come gioca? Fa 4 ore a settimana più atletica e la domenica due orette con me”.
Età? 8 anni, mingherlino.
Come disse Nereo Rocco ” il mio sogno è allenare una squadra di orfani”.
Wow che operazionona, complimenti ai chirurghi. Peccato che come al solito queste operazioni d’avanguardia se le possono permettere solo i più ricchi
lui e Kent Carlsson si giocano la palma del più infortunato nella storia del tennis
Fisico fragile, mettere toppe chirurgiche e’ solo sano autolesionismo, auguri.
Non tutti i fisici reggono lo sport professionistico. Ormai è evidente, tanto più che questi sportivi di successo hanno a disposizione una scienza e una tecnica di analisi del fisico di livello capillare. Non bazzicando l’ambiente, non ho capito ancora se l’infortunio grave capita perché non si è d’acciaio e ci si gestisce non perfettamente, o se capita comunque prima o poi, se non si è di acciaio.
Sono portato per la prima ipotesi. Uno che si conosce rallenta prima del patatrack, senza tener conto che ai giovanissimi viene insegnato di andare sempre comunque avanti, poi ci pensano presidenti, sponsor, la fame di successo…
Giocatore sfortunatissimo, massacrato dagli infortuni, senza di questi avrebbe avuto tutt’altra carriera
Tennista molto sfortunato. L’intera carriera è stata un unico, infinito calvario.
Però “si è b0mb@to la ragazza di Wawrinka”. (cit.)
@ Pier no guest (#4483239)
Io non capisco perché, con gradualità, nell’arco di qualche decennio per non spezzare una intera generazione di praticanti, non si possa, per regolamento, ritornare a racchette meno devastanti, devasta-fisico e devasta-gioco.
Per interessi economici?
Non comprendo: gli stessi marchi che ora dominano il mercato con queste racchette potrebbero fare altrettanto con tipologie che consentano meno velocità di palla.
Perché indietro non si torna?
Qui si entra nella filosofia: una decrescita felice a mio avviso è meglio di un’ottusa determinazione a spingersi sempre oltre.
Già nel lancio del giavellotto vi fu l’accettazione consapevole di un depotenziamento dell’attrezzo per mitigare la pericolosità dello stesso e non mi pare ci sia stato un movimento di protesta perché non si dovesse frenare il “progresso” dei risultati.
Perché invece nel tennis c’è ed è pure vincente?
Qual’è il gusto, il senso, di stabilire primati sempre nuovi al rialzo nella velocità di tutti i colpi, a cominciare dalla battuta?
Boh?
Bah!
Auguroni, sig.QuattroCappa!
La scienza fa passi da gigante, peccato sia per compensare l’usura di atleti che viaggiano al doppio della velocità d’un tempo e ,tra le cause,i telai. È un paradosso:un tempo racchette pesanti al più accorciare,poi terribili telai in metallo che vibravano a più non posso,infine telai leggeri che però consentono un tennis già da adulti,con rotazioni e non bastano le palline adeguate all’età ,anzi. Andrebbero aboliti i monofilamenti fino agli under 12 , restrizione già applicata da alcune Federazioni peraltro.
Rientro?? Sarà uno sfacelo!
Rientro?? Sarà uno sfacelo!