"L’ATP multa un Moutet che perde la calma, ma poi rilancia il video sui social" ATP, Copertina

Dauzet (psicoanalista) sulle difficoltà mentali dei tennisti: “Vogliamo gladiatori gettati nella fossa dei leoni senza sentimenti? L’ATP multa Moutet che perde la calma ma poi rilancia il video sui social”

15/09/2025 14:15 2 commenti
Daniil Medvedev, la sua furia a New York
Daniil Medvedev, la sua furia a New York

Uno dei tennisti più chiacchierati nelle ultime settimane è stato certamente Daniil Medvedev. Il russo ha deluso anche a US Open, il “suo” torneo per eccellenza, diventando protagonista di un polemico show nel corso del suo match – perso – all’esordio contro Bonzi. Da lì a poco la decisione di fare tabula rasa dello staff che l’ha issato da promessa a n.1 del mondo, il coach Cervara e lo staff atletico. Ripartirà con Johansson, ma tutto dipende da quel che ci sarà dentro lui: energia fisica, spremuto a tutta da anni di rincorse assassine, e soprattutto mentale. Proprio l’aspetto psicologico è parso quello più debole in Daniil, mentre nei suoi anni migliori era lo scacchista per eccellenza, fortissimo nel capire il gioco, resistere alle difficoltà e trovare il modo di mandare in crisi il gioco dell’avversario di turno. Vedremo che ne sarà di lui negli ultimi mesi del 2025. Intanto è molto interessante il pensiero di Francisca Dauzet, psicanalista di grande esperienza che lavora con atleti di alto livello e ha assistito anche Medvedev. In una lunga intervista a Tennis Majors, Dauzet ha spaziato su molti temi, anche complessi, relativi al recente comportamento del moscovita e dei giocatori in genere, a suo dire spremuti fin troppo da una macchina infernale che non tiene conto dello stress a cui sono sottoposti i giocatori di vertice. Ha affermato di essere rimasta sorpresa dalla reazione del pubblico di fronte al comportamento di Daniil che, a suo dire, deve essere “capito e ascoltato, non condannato”, come i suoi colleghi che esplodono in episodi di isteria in campo. Questi alcuni passaggi significativi del pensiero della psicoanalista.

“Sorpresa da come è stato accolto il comportamento di Medvedev? Posso dire che sono sorpresa e non allo stesso tempo” afferma Dauzet. “Daniil non è né il primo né l’unico a comportarsi così. Il tennis è uno sport che provoca facilmente reazioni eccessive. Medvedev ha sbalzi d’umore a cui è abituato e che a volte risultano caustici, poco graditi. Il suo atteggiamento può irritare e influenzare anche il pubblico. Basta ricordare John McEnroe, che suscitava sentimenti simili. Detto questo, bisogna distinguere: la sospensione del match, la racchetta spaccata, le parole all’arbitro. Non è tutto uguale, ma spesso si mette tutto nello stesso calderone…”

L’intervistatore sottolinea come McEnroe ai suoi tempi non aveva una cassa di risonanza globale come oggi, visto che non c’erano milioni di persone a sparargli contro suii social network. “Esatto. Negli anni ’80 non eravamo immersi in questa ‘società dello spettacolo’ spinta all’estremo. Oggi il pubblico si scandalizza, ma allo stesso tempo si diverte. Si emoziona e al tempo stesso condanna. Si nutre di commenti e condivisioni. Quindi mi chiede se mi sorprende? In parte sì, perché ci si dovrebbe aspettare che con alcuni giocatori certe cose possano accadere. In parte no, perché si dimentica quanta tensione interna debbano sopportare i professionisti. In un match lungo, le emozioni esplodono, a volte in modo esacerbato”.

La parola ‘normale’ mi disturba sempre un po’, perché appiattisce la complessità di ciò che accade” continua Dauzet. “Quello che fa Daniil non è politicamente corretto, certo. Non tutti lo accettano, anche perché molti altri riescono a trattenersi. Ma c’è un gioco di specchi: l’atleta reagisce, il pubblico reagisce, le due esagerazioni si alimentano. Non c’è cattiveria profonda in queste reazioni. Per giocatori brillanti come Medvedev, il gesto è insieme conscio e inconscio, un equilibrio instabile tra controllo e perdita di controllo. L’episodio del fotografo in campo, ad esempio, è stato casuale, ma ha innescato un effetto domino di percezioni e reazioni”.

Dauzet sottolinea che i giocatori, nel pieno della tensione agonistica, sfruttano istintivamente ogni “falla” che il contesto offre: una decisione arbitrale, un calo di concentrazione altrui, persino un’interruzione insolita. “È l’istinto del campione: se c’è una breccia, la usa. E chi può dire che noi stessi, nella vita quotidiana, non ci lasciamo sopraffare da emozioni che ci portano a esagerare?”

Un sistema che spreme gli atleti senza tregua ha delle colpe in questo? “Esattamente”, commenta la psicanalista, “chi dirige il tennis sembra dimenticare che obbliga i giocatori a una sequenza infinita di tornei. Il calendario è durissimo. I giocatori si lamentano sempre di più, e non a torto. Zverev lo ha detto chiaramente: ci si sente prosciugati, ma il business non si ferma. L’ATP multa un Moutet che perde la calma, ma poi rilancia il video sui social come contenuto virale. Lui stesso ha scritto una canzone su questo, denunciando l’ipocrisia del sistema. Il messaggio è chiaro: tutti guadagnano dallo spettacolo, tranne l’atleta che rimane solo a gestire la pressione”.

Secondo Dauzet, il pubblico contribuisce a questo meccanismo perché desidera emozioni autentiche, anche sopra le righe. “La gente non viene solo per vedere chi vince o perde. Vuole vedere anche l’imprevisto, l’esplosione, l’anomalia. Kyrgios, Medvedev, Moutet… non cercano di fare show a tavolino, ma sono in difficoltà. Per alcuni, il loro carattere indomabile è sia un limite sia una leva di performance. E il pubblico, anche quando si indigna, in realtà si nutre di quelle emozioni. A noi amatori capita di voler spaccare la racchetta, figuriamoci a chi vive il tennis come ragione di vita. L’alto livello non è solo tecnica: è un viaggio interiore. E allora cosa vogliamo vedere? Robot senza emozioni? O esseri umani che, con il loro cuore e la loro anima, scrivono una storia davanti a noi?”.

“Molti atleti si trovano a volte in condizioni psicologiche difficili, non solo per ciò che si dice su di loro, ma soprattutto per le richieste estreme dello sport di alto livello e per le atmosfere in cui si trovano a vivere. È anche lo specchio di questa società dello spettacolo. Quello che è successo con Daniil Medvedev, il suo comportamento e i commenti che ne sono seguiti, fa parte del sistema: è la storia che ci raccontiamo, la mitologia che creiamo. Ma cosa si sarebbe detto se Daniil avesse vinto? Pretendiamo gladiatori gettati nella fossa dei leoni senza sentimenti, senza emozioni? Quando un atleta di alto livello sembra violento in campo, non sta cercando la violenza: sta solo esprimendo una rabbia interiore. Non ce l’ha con il mondo intero. In generale, gli atleti non insultano nessuno: se mai, insultano sé stessi per default. Si difendono da ciò che percepiscono come ingiustizia o dall’impotenza che provano, a torto o a ragione. L’energia che mobilitano per uscire da una situazione è la stessa che può ritorcersi contro di loro. È tutto qui. Ed è semplicemente umano. È umano perché nessuno è perfetto, nessuno di noi lo è. Non è che chi commenta a volte tende a dimenticarlo?” conclude Dauzet.

Marco Mazzoni


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2 commenti

Dancas (Guest) 15-09-2025 16:01

Su questo forum si criticano i pugnetti. I pugnetti! Atleti fissati da una telecamera per 3-4 ore di fila, che non possono fare un segno
di esultanza perché infastidisce i puristi.
Ieri ho visto “Nasty”, il documentario su Nastase… ha fatto e detto cose che Kyrgios sembra un santo a confronto.
A me piacciono questi personaggi. È giusto che ci siano regole a riguardo della condotta (che non c’erano ai tempi del rumeno) ma spero che il tennis non si omologhi troppo, perché le emozioni, come giustamente dice questa dottoressa, fanno parte integrante del tennis.

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Antonio (Guest) 15-09-2025 14:21

a me fanno più paura i “freddi” come sinner tutti educati e pacati in campo e poi chissà cosa covano dentro. Can che abbaia non morde

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