
Ruusuvuori racconta: “Mi sono fermato per problemi mentali, soffro di attacchi di panico. Se raccontare la mia storia può aiutare anche una sola persona, allora ne è valsa la pena”


Con una lettera aperta, toccante e accorata ma allo stesso tempo ricca di speranza, Emil Ruusuvuori ha raccontato i problemi mentali che l’hanno segnato profondamente in campo e fuori, costringendolo ad un lungo stop dal tour Pro e un difficile tentativo di rientro. Il finlandese ha toccato il proprio best ranking nell’aprile del 2023 al n.37, forte di un tennis in progressione davvero interessante; mentre arrivavano buonissimi risultati, dentro di lui covava un malessere profondo, sfociato in pesanti attacchi di panico. La situazione è diventa così difficile da costringerlo a fermarsi la scorsa estate e non prendere una racchetta da tennis in mano per mesi. Un periodo buio, senza quella routine della vita professionistica che lo teneva in qualche modo aggrappato a se stesso e che, una volta persa, l’ha spinto addirittura a pensare che non valesse più la pena vivere. Toccato il fondo, Emil ha iniziato un non facile percorso per ritrovare sicurezza in se stesso, e ha deciso di raccontare nei dettagli il suo viaggio “agli inferi” come testimonianza per tutti coloro che attraversano problemi simili, anche se non sono tennisti, e che restano chiusi senza chiudere aiuto peggiorando così la propria situazione. È una testimonianza davvero importante, per questo riportiamo integralmente il racconto del finlandese.
“Per quattro mesi e mezzo, l’anno scorso, non ho toccato una racchetta. Ma non è stato per un motivo che ci si potrebbe aspettare. È stato a causa della mia salute mentale” racconta Ruusuvuori nella lettera aperta. “Quando non andava bene, iniziavo a dimenticare le cose. Il mio corpo era in un posto, ma la mia mente era da un’altra parte. Passava da qualcosa di semplice come dimenticare quasi le racchette a soffrire di attacchi di panico.
A Roland Garros ho capito che la cosa stava andando fuori controllo perché quello che succedeva nella mia testa durante i tornei ha iniziato a influenzare la mia vita fuori dal campo. Non riuscivo a dormire bene, al punto che ho iniziato ad avere incubi. Mi svegliavo sudato, con il cuore che batteva all’impazzata e non riuscivo a respirare. Pensavo di essere impazzito. La mattina mi svegliavo e andavo ad allenarmi, ma non ero lì. Era diventata una questione di routine. Quando è arrivato il momento del mio match di primo turno a Parigi, mi è sembrato di non essere davvero in campo. Non ero presente, a parte i miei piedi sulla terra battuta, e non è stata una sorpresa che abbia perso in tre set. Ho provato a prendermi una o due settimane di riposo per vedere se mi avrebbe aiutato prima di andare a Surbiton per un Challenger su erba. Invece ho avuto un attacco di panico in campo. Vi racconterei come mi sono sentito, ma non ricordo bene la partita. Come potete immaginare, queste cose erano spaventose. Ho iniziato ad avere attacchi di panico fuori dal campo, anche quando guidavo. Durante Wimbledon, mi sono dovuto fermare e accostare per scendere dall’auto perché a volte mi sembrava di poter svenire. Non avevo alcun controllo. In qualche modo sono arrivato al terzo turno del torneo, ma per metà del mio match contro Giovanni Mpetshi Perricard sono crollato mentalmente. Ricordo solo che volevo correre fuori dal campo. Era un posto assurdo in cui mi trovavo: stavo giocando in uno degli eventi in cui sognavo di gareggiare da bambino e tutto ciò che volevo era essere da un’altra parte. Ben presto ho capito che qualcosa doveva cambiare. Quando è troppo è troppo”.
Il racconto di Ruusuvuori si fa ancor più intenso quando torna al passato, alla radice dei suoi problemi. “La prima volta che ho parlato con un professionista della mia salute mentale è stato circa 10 anni fa, ma i miei problemi sono diventati un problema più recentemente. Tre anni fa, a Miami, è stata la prima volta che ho avuto un vero attacco di panico. C’è una linea così sottile tra la sensazione di normale nervosismo e qualcosa di più. È normale essere nervosi per una partita – si può iniziare a sudare, per esempio. Ognuno di noi è diverso e questo fa parte dello sport, o di qualsiasi altra professione. Ma in questo caso si trattava di qualcosa di diverso. Una mattina in Florida mi sono svegliato e mi sono sentito come se qualcuno mi stesse strangolando. Era impossibile respirare. Era come se qualcuno mi calpestasse il petto. Siamo saliti in macchina per andare sul posto e non riuscivo a parlare. La mia mente stava impazzendo con un milione di pensieri che mi passavano per la testa come in un vortice non controllabile. Quando arrivammo, stavo tremando. A quel punto, sono riuscito a malapena a trattenere le lacrime per dire al mio allenatore che non stavo bene. Mi sentivo malissimo e non sapevo cosa stesse succedendo. In qualche modo sono riuscito a calmarmi un po’, sono sceso in campo per affrontare Maxime Cressy e ho vinto la partita. Dopo, ne ho parlato un po’ con la mia squadra, ma non più di tanto. Ho continuato ad andare avanti.
Una volta sceso in campo, sono riuscito a staccare la spina e a concentrarmi solo sul tennis. Un paio di giorni dopo ho spinto Jannik Sinner al tie-break del terzo set. Nessuno avrebbe saputo cosa avevo passato”. Si era nel 2022, il match con Jannik fu una vera battaglia, al secondo turno.
“Avevo da poco conquistato la mia prima finale dell’ATP di Pune e l’anno successivo avevo raggiunto il massimo della carriera al n. 37 della classifica ATP. Nonostante tutto, stavo andando abbastanza bene” continua Emil. “Parte del problema è che ho imparato il modo per farcela sul campo da tennis e quindi sono andato avanti finché è durata. Tenevo la bocca chiusa. C’era qualcosa che non andava, ma ho continuato a fare quello che avevo fatto per tanti anni. Era quello che mi permetteva di giocare a tennis in tutto il mondo, quindi aveva senso, no? Essendo un atleta professionista, si cerca di sopravvivere a qualsiasi problema, di dimenticarlo e di lasciarselo alle spalle nella speranza che sparisca. In qualche modo ci sono riuscito e questa è la parte crudele dello sport. Dopo Wimbledon, l’anno scorso, ho iniziato con una nuovo team e ho cercato di giocare a Washington. Quando sono andato a letto, ho iniziato ad avere la sensazione che ci fosse qualcun altro nella stanza. Avevo paura, avevo la sensazione che qualcuno stesse cercando di farmi del male. Ho battuto Borna Coric in tre duri set, ma il tennis non è stata la parte più difficile. Sul match point contro Borna, ho pensato se fosse il caso di fare un doppio fallo per uscire da lì”.
Questa è forse la parte più dura del racconto del finlandese: con la necessità di fermarsi e stoppando quelle routine che lo tenevano focalizzato su qualcosa, è crollato e ha addirittura pensato se fosse il caso di vivere. “Mi sono recato a Montreal ma mi sono ritirato citando come motivo un’influenza intestinale, ma in realtà era a causa della mia testa. Ho deciso che era abbastanza. Non ho toccato una racchetta per quattro mesi e mezzo e alcuni di quei giorni sono stati i più duri. Negli ultimi 10 anni la vita era così costante… c’era sempre la prossima partita, il prossimo torneo da preparare. Tutto era sempre in movimento e all’improvviso non è stato più così. È stato uno shock, perché all’improvviso era tutto così noioso e non c’era nulla da fare. Non provavo più gioia in niente. Non gareggiavo in campo e ora lottavo per alzarmi dal letto e, onestamente, pensavo anche se avevo ancora voglia vivere, un pensiero terribile. Ancora peggiore è stato l’impatto di questa situazione sulle persone a me più vicine e la loro preoccupazione. Non potevo andare su un campo da tennis, soprattutto in Finlandia. Non volevo vedere persone impegnate nel tennis perché non potevo rispondere alle loro domande. Era una situazione difficile”.
“Una cosa che mi ha aiutato è stato giocare un bel po’ a padel. Mi sembrava che le due ore in cui giocavo fossero le uniche in cui non pensavo ad altro. Ho imparato quanto fosse importante avere delle cose che mi interessavano” continua Emil. Durante l’estate ho iniziato a parlare con il mio psicologo una volta alla settimana e ho raccontato alla mia famiglia e ai miei amici più stretti quello che stavo affrontando, e questo mi ha aiutato. Uno dei miei amici più cari ha vissuto un’esperienza simile e questo mi ha fatto capire che non ero solo. Questo mi ha dato una prospettiva diversa. Questo è il motivo per cui ho deciso di raccontare la mia storia all’inizio di questo mese in un video in finlandese. È importante per me avere questo dialogo con diverse persone, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica a cancellare l’idea che sia in qualche modo da deboli parlare di salute mentale. Tutti hanno questi momenti. L’importante è come li gestisci. Quando il video è stato pubblicato, è stato come se mi fosse caduto un peso dalle spalle, perché mi sembrava di fingere sempre davanti alla gente. Era così difficile. Non riuscivo più a farlo. Non sentivo di poter essere onesto e questo mi pesava. Ho ricevuto molti messaggi, molto positivi. Molte persone diverse, con lavori diversi, hanno commentato e si è visto che non importa quale sia il tuo lavoro. Ognuno ha le proprie difficoltà da superare. Alcune persone hanno detto che è stato coraggioso da parte mia farlo e che li ha aiutati, e questo ha significato molto per me”.
Ruusuvuori ha così preparato il rientro in attività, ma le difficoltà non sono affatto scomparse: “Un aspetto positivo di questo processo è che ho accettato l’idea di non poter più giocare. Prima non era nemmeno un’opzione. Tutto riguardava il mio tennis e la mia carriera. Tuttavia, ho sempre avuto l’idea di tornare. Non era nemmeno una domanda, era solo una questione di tempo. C’è voluto un po’ di tempo per preparare il mio corpo a tornare a competere, e il mio primo torneo è stato a febbraio in un evento Challenger a Tenerife. Il primo match è stato orribile. Era così difficile stare in campo. Il secondo è andato un po’ meglio, ma da allora ho avuto alti e bassi. Non è sempre facile. Il mese scorso sono andato in Corea del Sud e ho avuto uno dei miei peggiori attacchi di panico. Mi sono svegliato al mattino e il mio cuore batteva all’impazzata. Prima della partita, ero sotto la doccia e mi sentivo ancora strano. Il mio cuore era come una macchina che girava a troppi giri. Ero seduto e il mio battito cardiaco era a 100 battiti al minuto, mentre il mio battito cardiaco normale a riposo è di circa 37. È stato brutto, si comincia a chiedersi se ne valga la pena. La differenza è che ora ho la capacità di aiutarmi in questi momenti. Quando i pensieri iniziano ad arrivare e a superare il limite, ho più strumenti per calmarmi”.
“Sono riuscito a realizzare il mio sogno: diventare una tennista. Avendo raggiunto quell’obiettivo, avevo la mentalità che avrei dovuto fare tutto il necessario per continuare ad andare avanti. Non ho mai parlato di problemi mentali perché li vedevo come una debolezza. Questa è forse la parola chiave. Era qualcosa che ritenevo non esistesse nello sport e il fatto che qualcuno mi vedesse vulnerabile dimostrava che non ero abbastanza forte.
Credo che il più grande cambiamento in me ora sia che se non voglio essere in campo, non mi forzerò. Un po’ lo devi fare, ovviamente. Non si può stare bene ogni giorno nello sport, ma non è questo il punto. È una lotta, devi superare queste sfide. Ma basta sentire che c’è almeno uno scopo e una passione per farlo e poi si può fare. Se la mia storia aiuterà anche una sola persona, ne sarà valsa la pena. La mia speranza principale è che le persone sappiano che bisogna prendersi cura della propria mente e di se stessi. Questa è la chiave. Se non state bene, non c’è cosa più importante che aiutare se stessi. Non tenete tutto dentro di voi. Va bene essere tristi. Va bene avere una brutta giornata. Ma ricordate sempre una cosa: i momenti difficili non durano per sempre” conclude Ruusuvuoi.
Marco Mazzoni
TAG: Emil Ruusuvuori, Marco Mazzoni, salute mentale tennis
Mi associo anche al bentornato a Mazzoni
Ricorda quanto capitò a Mardy Fish e, in parte, a Osaka. Mardy non si è più ripreso. Osaka stenta. È proprio vero che i soldi non fanno la felicità ma forse ti permettono di scegliere l’infelicità che preferisci. È già qualcosa….
Un grande in bocca al lupo al ragazzo, gli auguro di ritrovare la sua serenità presto
@ Markux (#4390325)
Dovresti vergognarti,sei un vero…
Un abbraccio virtuale ad Emil!
Caro ragazzo, pensa a curarti, questa è la cosa più importante. E poi torna al tennis o ad una vita più normale, non sei obbligato e nessuno potrà mai obbligarti a fare il tennista professionista.
Una cosa che ho sempre notato in lui, come in molti altri, soprattutto nel tennis femminile, è che non l’ho mai visto sorridere. Si può essere introversi, ma magari capita di fare il punto su una stecca, con un nastro, fare uno scivolone… e farsi una risata anche durante una partita combattuta. Invece niente. Riuscire a non prendersi sempre troppo sul serio è una cosa importante che molti sottovalutano. Poi detto questo il suo privato lo conosce solo lui, ma questa è una cosa che vedo in tante persone.
Forza Emil!!!
Ovviamente non lo conosco personalmente, ma ho sempre visto questo ragazzo come persona estremamente a modo, leale, gentile, riservata. Mi ha molto toccato la sua vicenda e spero vivamente che ne possa uscire nel migliore dei modi. Tieni duro Emil, che la gioia torni in te!
P.S. – Bentornato Mazzoni, sono contentissimo di leggerti di nuovo.
Davvero dispiaciuto per un bravissimo ragazzo, molto educato e giocatore di sportività esemplare.
Da panico, questa storia.
Difficile pensare come un ragazzo che raggiunge il suo sogno possa poi essere vittima di simili malattie, eppure . . . Bisogna ringraziarlo per come sta reagendo cercando di aiutare chi vive una situazione simile alla sua. Gli auguro di tornare sui campi e poter vivere più liberamente la sua carriera e, soprattutto, la sua vita. Spero si astengano gli utenti che commentano dicendo che l’operaio guadagna meno o che loro stessi impiegano una vita a guadagnare quello che lui guadagna in pochi giorni. Davanti alla malattia ci riveliamo tutti uguali
La sua storia dovrebbe far riflettere(e a lungo)su quanto possa essere difficile poter competere soffrendo di attacchi di panico.Il suo problema davvero mi tocca molto,immagino quanto sarà stato duro per lui,solo rendere pubblico i suoi disagi quotidiani.
Spero davvero che possa un qualche modo riuscire a ritrovare una certa serenità e tornare a competere ai massimi livelli.
Ma dai!
La cura?
Una bella f..a ed una sc….a e via!
…..si scherza, eh?
Certo…che mi piace pure, come giocatore, ed era davvero promettente.
Speriamo si risollevi.
Rischio ritiro per emil?.
Come sta emil?.
Mi spiace tantissimo questo bravo ragazzo non si merita questo… 🙁 🙁 🙁
La scienza e la tecnologia hanno fatto passi da gigante in diversi ambiti: spero possano riuscirci anche nello studio del funzionamento del cervello umano.
Forza 4U!
Malattie dei tempi moderni purtroppo. Tanto reali quanto ancorate ad un modo di vivere disancorato dalla realtà oggettiva.