
Taylor Fritz attacca il coaching in campo: “Fa male al tennis, si sta perdendo l’essenza di questo sport”


Il tema del coaching in campo continua a dividere appassionati, addetti ai lavori e giocatori. Da quando la pratica è stata legalizzata nel circuito ATP un paio di stagioni fa, sono diventate ormai abituali immagini che fino a poco tempo fa sembravano impensabili: allenatori che danno indicazioni ai propri giocatori apertamente, senza doversi più coprire la bocca o nascondersi dalle telecamere. Oggi le televisioni catturano in diretta dettagliate strategie e consigli che, in alcuni casi, hanno persino cambiato le sorti di partite importanti. Tuttavia, non tutti sono d’accordo con questa svolta: uno dei critici più accesi è Taylor Fritz, che non ha mai nascosto la sua posizione contraria al coaching.
Il tennista statunitense è tornato a difendere il “vecchio” formato del tennis durante il podcast di Caroline Garcia, ribadendo una visione più tradizionale e purista di questo sport: “È orribile. È negativo per il tennis, davvero negativo. Se i tifosi potessero ascoltare tutto, forse avrebbe una componente di intrattenimento… ma non succede nemmeno questo. Il tennis è uno sport individuale. Perché dovrebbe esserci qualcun altro che mi dice cosa fare, quando la strategia e la comprensione di ciò che fa l’avversario sono una parte fondamentale di questo sport?”
Fritz non si è fermato qui, rincarando la dose: “È completamente ingiusto che qualcuno, se non è abbastanza intelligente da cambiare ciò che sta facendo in campo, possa ricevere suggerimenti esterni. È un assoluto assurdo. Il gioco mentale che si sviluppa durante un match è parte essenziale del tennis: perché dobbiamo perderlo?”
Nonostante questa posizione, lo statunitense riconosce l’importanza del proprio team, spiegando però come la comunicazione avvenga in modo diverso: “Parlo con il mio allenatore durante le partite, si può fare, ma non gli chiedo mai cosa devo fare. Gli dico cosa vedo io, cosa penso, e lui mi dà semplicemente conferma. Ma resto convinto che il coaching sia sbagliato.”
Il dibattito è aperto: tu da che parte stai? Concordi con la critica di Taylor Fritz o pensi che il coaching abbia portato nuova linfa al tennis moderno?
Francesco Paolo Villarico
TAG: Taylor Fritz
È una battaglia persa.
Il coach dovrebbe esserci nelle prime fasi (8/9/10anni)e non solo nei tornei a squadre ma non è possibile perché se in contemporanea giocano più atleti un allenatore non può seguirli tutti,magari in tornei diversi.E se non ci fosse chi va? Il papà,la nonna? Le “armi” devono essere pari,o tutti in tutti i match o nessuno.
Il problema sono in “trucchi”,ovvero le frasi camuffate da incitamento o sostegno.
“Dai su” può essere alza,non rischiare,gioca conservativo; un “forza adesso” potrebbe essere spingi,sii aggressivo,attacca la risposta. Si fa presto,non è vietato guardare il coach ed un cappellino toccato o girato può essere un segnale.
Diciamo che un tempo erano meno espressivi,Tiriac,Roche,Palafox,Bergelin erano mummie ed i giocatori non elemosinavano consigli.
Fosse per me i tennis coach fra il pubblico li vieterei del tutto, così come abolirei l’intervento di fisioterapisti in campo, per non parlare poi di rivoluzionare i controlli anti doping che quelli attuali sono invece intenzionalmente laschi ( The Show Must Go On… !!
), così facendo vincerebbe solo chi è davvero più forte mentalmente e più in forma fisicamente, questo se vogliamo parlare di sport vero e proprio, poi se invece vogliamo parlare di sport spettacolo, che è quello attuale, e allora tanto vale rendere il coaching un plus per l’intrattenimento del pubblico , mi pare che nel circuito WTA fosse consentito alle tenniste di chiamare un determinato numero di volte il proprio coach durante il cambio campo, parlo al passato perché mi sembra di ricordare che questa possibilità l’abbiano abolita ma cioò non impedirebbe che la stessa cosa si potrebbere introdurre nel circuito ATP, se ne vedrebbero delle belle? Dipende i punti di vista!
Comunque, trovo alquanto fanciulleschi adolescenziali i tennisti professionisti che continuamente in campo si rivolgono al proprio box per ottenere incoraggiamenti, voi ve l’immmaginate un Pete Sampras, un John McEnroe, un Lendl, un Agassi, un Marat Safin, un Kuga Kuerten , un Edberg, ecc… , insomma, un grande tennista del passato più o meno recente che continuamente in campo si volta verso il proprio box per ottenere incoraggiamenti?
Io no e penso anche tanti altri,ergo, evidentemente qualcosa è cambiato in negativo, chissà come mai…..!!
Diciamo che in teoria, per “bloccarlo”, i coach/staff dovrebbero essere messi tipo negli spogliatoi, a seguire la partita solo su schermo.
Poi, dopo ogni set, si potrebbe stabilire un tempo fisso di 2/3 minuti nel quale i tennisti possono raggiungere i loro staff negli spogliatoi per avere del “coaching”… Sarebbe a discrezione del tennista…
A me pare che il contesto di un match sia importante, e il coaching sia una delle tante componenti che influenzano e fanno contesto: va insieme alle condizioni del terreno, il meteo, il pubblico, il feeling con l’arbitro, gli urletti dell’avversario, etc etc… Se il principio è che deve venir fuori la forza mentale ‘pura’, allora facciamola diventare come una partita a scacchi (come in parte è) e lasciamo fuori anche il pubblico… A me il tennis piace anche perché le dimensioni competitive sono tante, il coach è parte del contesto complesso e non mi pare abbassi la soglia della difficoltà personale, anche perché spesso i coach sbagliano (un esempio a caso Tartarini Roland Garros 2024 :-). Pensare che Alcaraz (o altri) siano burattini nelle mani del coach, mi pare davvero sminuire questi campioni (nel suo discorso Fritz pare implicare che lui è un tennista intelligente mentre altri ‘hanno bisogno del coach’: a ma non piacciono queste valutazioni in cui chi parla si vede automaticamente ‘dal lato giusto del tavolo’…). Djokovic ha dimostrato tutta la vita di saper usare le situazioni di contesto, anche quelle più avverse, e ha ripetutamente mandato a cagare il suo staff durante il match, anche lì si vede a suo modo ‘la forza mentale’,,, Sinner durante la finale ha fatto quadrato proprio mentre il pubblico osannava il rivale ed è risalito alla grande. Insomma, non vedo onestamente un problema nel coaching…
Perfettamente d accordo con Fritz …..
È tempo che dico che mi piacerebbe vedere una partita Sinner Alcaraz senza i box per vedere chi se la cava meglio.
Anche a me pare ridicolo sentire “prossima risposta leggermente più indietro e a destra”
Lo sport è anche interpretazione dei momenti e un vero campione di vede anche da quello, non da come esegue i comandi del burattinaio
Dice?! Magari si potrebbe.. 1. non farli entrare 2. sbatterli in ultima fila 3 metterli uno di fianco all’altro di fronte al giudice di sedia 4 puntargli una telecamera fissa davanti…
Se nella storia del tennis tante volte Davide ha sconfitto Golia é stato proprio grazie alla componente tattico/mentale. Ma sembra che si sia voluto stravolgere questo sport in nome dello spettacolo favorendo quelli non proprio acuti nell’individuare le lacune degli avversari.
Ha perfettamente ragione il buon Fritz,l’aspetto mentale era uno degli aspetti piu’ affascinanti del nostro sport.
Ma ormai sara’ impossibile tornare indietro.
Il soldato fritz in missione contro il coaching mi sa tanto di insubordinazione.
sono d’accordo col pensiero di Taylor
va a vantaggio di quelle categorie di giocatori in grado di cambiare le sorti del match con le chiaccherate col suo angolo.
Per esempio, gente come Ivan Lendl o Stefan Edberg ce li vedete parlare col proprio angolo?
in più c’è un discorso culturale. Gli asiatici ad esempio no parlano mai durante i match
Vabbè in tutti gli sport gli allenatori intervengono durante la partita, cosa vedete di scandaloso?
Posto che per me un giocatore dovrebbe essere in grado di cavarsela da solo durante le partite anche solo per un fattore di “crescita tattica” e che quindi i giocatori come Alcaraz e Musetti che abbisognano di continue dritte, conferme, incitamenti mi lasciano sempre un po’ “così”, l’allenatore è pagato anche per questo, per aiutarti a vincere e supportarti, per cui non vedo il coaching come una cosa così fuori luogo
Sono molto d’accordo.
L’essenza di questo sport è come il tennista in campo combatte con i suoi demoni per cercare di invertire i momenti di difficoltà o i passaggi a vuoto.
Detto questo è anche vero che chi non è sufficientemente solido mentalmente, specie a questo livelli, può avere un’intera tribuna di coach ma non riuscirà a sfruttarla
Hanno gravemente falsato i valori in campo. Ci sono differenze tra un consiglio e un altro.
Avrebbe ragione Taylor se il coaching fosse al 100% efficace. A volte, invece, si rivela a favore dell’avversario. Il caso più tipico è la posizione da tenere in risposta. Taylor sarà stato certamente agevolato da posizioni erroneamente suggerite a qualche suo avversario, per dire. E’ chiaro che chi può permettersi coach di alto livello può avere un vantaggio ma non è sicuro e, soprattutto, non è per sempre (vedi il caso Furlan-Paolini). Resto convinto che la parte sostanziale del coaching si svolge fuori dal campo, durante le sessioni di allenamento o di preparazione e successive alle partite. Quello di Taylor sembra più un piagnistei di chi ultimamente non ne azzecca troppe.
Ma una persona normalmente intelligente perché dovrebbe essere in DISACCORDO CON IL PENSIERO DI FRITZ ??
Il problema pratico è che è difficile impedirlo
E nole si lamenta degli avvocati di sinner… Il coach bravo che ti da il buon consiglio e che per poterlo pagare devi essere già un campione, non e’ discriminante quanto l’avvocato? I grandi hanno avuto e hanno i migliori professionisti a dare consigli fuori e dentro al campo rendendo la loro vita agevolata e piu’ facile degli altri giocatori da sempre. Con il coaching aumentiamo sempre di piu’ le differenze. Non lamentiamoci a questo punto degli avvocati costosi, i coach nella vita di un giocatore costano molto di piu’. Almeno il coaching eliminiamolo per ristabilire l’equità tra giocatori.
Non parlerei di coaching, ma di veri e propri comizi,
fatti a voce alta anche per disturbare l’avversario.
Ha ragione il buon Taylor.