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Open Court: Andy & Novak, dominatori in affanno (di Marco Mazzoni)

22/03/2017 12:18 14 commenti
Open Court: Andy & Novak, dominatori in affanno (di Marco Mazzoni)
Open Court: Andy & Novak, dominatori in affanno (di Marco Mazzoni)

Where’s the revolution”, singolo del gruppo britannico Depeche Mode, primo estratto del nuovo album “Spirit”, risuona potente nelle radio di tutto il mondo. Una canzone cupa, che tra ironia e denuncia interroga l’ascoltatore su quale direzione stia prendendo il nostro mondo, dove sono finiti valori e umanità. Dove è finita la rivoluzione? O forse è in corso una pericolosa involuzione sociale? Temi importanti. Noi amanti del tennis in questi primi tre mesi del 2017 ci stiamo interrogando su quel che sta accadendo al vertice del nostro sport. C’è una contro-rivoluzione? Un ritorno al passato? O un’inaspettata involuzione del duo che ha dominato il 2016? I numeri non sempre dicono tutto, ma spesso dicono molto.

La Race 2017 dopo uno Slam, un Masters1000 ed alcuni importanti ATP500, è sorprendente. Roger Federer, sì, proprio lui, guarda tutti dall’alto con un distacco clamoroso su tutti. 3045 punti in tre tornei. Dominio. E che dominio… con un tennis stellare, irresistibile. Da sogno. Segue il buon Nadal visto agli Aussieopen, e quindi ad una manciata di punti Stan Wawrinka. Semifinalista a Melbourne e finalista ad Indian, Stan è stato sempre “stoppato” dal connazionale, tanto da apostrofarlo in campo “assxxxx” in modo scherzoso, tra risate generali, …un po’ meno per lui, frustrato per l’ennesima sconfitta patita in un grande appuntamento. E Novak ed Andy? Djokovic era solito stra-dominare il cemento di inizio anno, da Melbourne a Miami, passando per la California. Murray ha iniziato l’anno da n.1, e tutti lo davano piuttosto favorito per la coppa degli Australian Open, che troppe volte gli è scappata in finale. Niente. La Race 2017 per ora è impietosa con il dynamic-duo che ha dominato negli ultimi anni. Murray è al decimo posto, 4 tornei giocati e 840 punti; ancor più grigio il record stagionale per Djokovic, fermo al 18esimo posto (!) con la miseria di 475 punti raccolti. Quintali di frustrazione per brutte sconfitte e prestazioni scadenti, e nessuna gloria dal lontano Masters1000 in Canada, prima delle Olimpiadi. Pare passato un secolo, ed è sicuramente una delle pause più lunghe senza successi patiti dal serbo da quando è diventato un campione.

A completare il quadro statistico, le chiare sensazioni dal campo. Andy e Novak non stanno bene. Sono l’ombra di quei campioni che si erano spartiti a metà la scorsa stagione, chiudendo nettamente davanti a tutti. Ad inizio anno era impensabile immaginare un Federer così forte e dominante; ancor più ipotizzare che Murray e Djokovic potessero trovarsi entrambi così in affanno, così in ritardo di condizione, così mal messi.

Nessuno dei due è in tabellone a Miami, quindi il solco tra loro e Roger, Rafa, Stan e gli altri non potrà che allargarsi. Ma non è la classifica 2017 a preoccupare. La stagione è appena iniziata, di tornei grossi da vincere ce ne sono ancora tantissimi. Quel che attira l’attenzione è la loro scadente condizione tecnica e fisica mostrata in campo nei tornei fin qua giocati. Campanello d’allarme, o problemi seri da affrontare e cercare di risolvere? Le loro situazioni sono entrambe preoccupanti, ma molto diverse tra di loro. Vediamo perché.

Andy Murray credo stia semplicemente pagando il prezzo della seconda parte del 2016, quando si è prodigato in una corsa durissima per strappare il trono a Novak, viste le sue difficoltà dopo il successo a Parigi. Sulla terra del Bois de Boulogne, Novak arrivò determinato a “morire in campo” piuttosto che perdere l’ennesima occasione di completare il career grand slam, e ci riuscì. Però dall’altra parte della rete c’era proprio Andy, che perse ma si rese perfettamente conto di come il rivale fosse tiratissimo, pronto a dar tutto pur di alzare la coppa dei Moschettieri, ma anche pronto a “scoppiare”, o almeno con grande necessità di rifiatare. Sull’erba è partita la caccia al rivale, e sono arrivate quasi solo vittorie (o finali), con la ciliegina del sorpasso alle Finals, a casa sua. Apoteosi per lo scozzese, meritatamente n.1 di fine stagione grazie alla sua costanza di rendimento e qualità. Uno sforzo importante, che gli è costato molto sia sul piano fisico che mentale. Molti si aspettavano che l’onda di Andy continuasse, con una vittoria a Melbourne e magari anche sul cemento USA. Invece Murray si è presentato down under preparato ma non così centrato e sereno come nella stagione precedente. La sua palla non filava via così netta e precisa, e nemmeno il suo corpo era così veloce e potente. Si è fatto sorprendere da quell’incantatore di serpenti chiamato Mischia Zverev, dotato di un tennis tanto retrò quanto diverso, che ha mandato letteralmente in bambola la consistenza del n.1. Meriti enormi al divertente “russo-tedesco”, però è stato sportivamente drammatico vedere il favorito del torneo starsene lì in campo a palleggiare quasi impaurito, incapace di lasciare andare il braccio, di prendersi rischi “da n.1”, o tentare una reazione fisica e mentale, ribellarsi ad una sconfitta clamorosa e bruciante. A Dubai lo scozzese ha vinto il torneo, senza però affrontare nessun top10. Malissimo ad Indian Wells, dove era atteso ad una conferma. Sconfitta al primo match, contro un discreto talento come il canadese Pospisil, ma resta una sorpresa enorme. Andy dice di non stare bene al gomito, di aver bisogno di uno stop, e quindi costretto a rinunciare ad un torneo che per lui è quasi di casa, visto che si allena spesso nell’anno proprio sul cemento di Crandon Park. Non abbiamo elementi per dubitare della sua condizione, però è indubbio che il n.1 abbia assoluto bisogno di riposo e lavoro, per ritrovarsi a quel livello che l’aveva reso dominante pochi mesi fa. Anno dopo anno, la sua forza sulla terra battuta è cresciuta. Alcuni tornei vinti nel 2015, tra cui Madrid, e semifinale a Parigi; vittoria a Roma e finale a Roland Garros nel 2016. Che sia quest’anno il suo vero obiettivo? Che abbia tarato la sua preparazione per arrivare al massimo proprio da metà maggio e tentare di detronizzare Novak da Parigi? Possibile. Del resto il suo tennis tattico si adatta discretamente bene alla terra parigina. Non ci resta che aspettare.

Assai diversa la situazione di Djokovic, ancor più preoccupante. Ne ho già parlato dopo la sconfitta bruciante a Melbourne, dove era atteso ad un riscatto, ad un segnale forte di conferma del discreto tennis mostrato a Doha. Niente. Da allora, se possibile, il fumo intorno al suo momento s’è fatto ancor più denso. La doppietta Acapulco-Indian è stata per lui una fotocopia, in tutti i sensi. 1° turno, vittoria sofferta vs. Del Potro, sconfitta in due set vs. Kyrgios. Sconfitte in cui è stato messo sotto sul piano tecnico, ed in cui non ha praticamente mai dato un segnale di ribellione. Questo è forse l’aspetto più doloroso del suo periodo delicato: Novak è dimesso, sportivamente assente. Lontano anni luce da quell’agonista feroce disposto a tutto pur di non perdere. Nelle scorse stagioni i suoi colpi difensivi erano sentenze, clamorosi, tanto che sfondarlo era quasi impossibile. Unico modo per provare a batterlo? Accettare fisicamente e mentalmente una durissima battaglia. La sua presenza in campo scoraggiava i più ad accettare una simile pugna, con la quasi certezza di esser respinti con perdite. Oggi lo scenario è totalmente cambiato. Novak non gioca nemmeno “male”, non c’è un colpo che ha perso, o che non funziona. E nemmeno pare così mal messo fisicamente. Tutto funziona di meno, ed è assai peggio per lui. Col servizio non si cava dai momenti difficili (come invece ha fatto per tutto il periodo 2014- metà 2016); il dritto è meno lungo e ricava pochi vincenti, commettendo più errori; il rovescio continua a giocarlo col pilota automatico, ma quei lungo linea terrificanti, sparati dopo aver sballottato il rivale, sono diventati una rarità; e pure sulla diagonale è diventato meno intenso e più falloso. Che sia in confusione in campo lo si nota anche dai tentativi di attacchi alla rete affrettati ed avventati, o da smorzate tirate più per uscire dallo scambio che per un disegno tattico. Manca di cattiveria agonistica, manca di quell’intensità mostruosa che l’aveva elevato una spanna sopra a tutti. Si è rotto qualcosa nella sua testa, è evidente. Non riesce da mesi a ritrovare quel mix di qualità ed intensità su cui aveva costruito le sue grandi vittorie, ed il suo dominio. Novak esce dal campo nerissimo dopo le sconfitte, ma sembra confuso anche nelle dichiarazioni, e credo che affermare spavaldo “il tennis non più la mia priorità” è forse la verità ma non lo aiuta a reagire. Sulla terra battuta del Principato – casa sua – è atteso ad una personale rivoluzione: ritornare se stesso. Non sarà facile. Dopo tutto quello che ha speso per “diventare Djokovic”, a quasi 30 anni, tornare dominante è forse chiedergli troppo; ma vederlo trascinarsi così ingrigito sul campo provoca sensazioni spiacevoli in chi ha sempre ammirato la sua classe e agonismo.

La terrà battuta ci dirà. Come per Murray, che forte del suo vantaggio in classifica (e dovendo difendere pochissimo rispetto a Djokovic, quindi col primato in cassaforte) è atteso a prestazioni da numero uno. Di sicuro noi appassionati possiamo solo essere felici di questa situazione inattesa, che ha rimescolato le carte in tavola e ci sta proponendo qualcosa di diverso. E per niente brutto…

Marco Mazzoni

@marcomazz


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14 commenti. Lasciane uno!

Raul Ramirez (Guest) 22-03-2017 22:31

I grandi pedalatori e/o arrotini che basano il loro gioco molto più sulla palestra che sul campo durano molto meno. Basta guardare oltre si due citati da Mazzini anche Borg, Wilander, Courier e lo stesso Rafa a 30 anni o già fuori o in netta fase discendente.

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bad_player (Guest) 22-03-2017 21:35

Scritto da DoubleFault
In che senso Djokovic (12 Slam, avendo vinto almeno una volta tutti e 4, e avendone vinti due volte 3 in un anno solare, nel 2011 e 2015) è accomunabile ad un tennista suo coetaneo che ne ha vinti 3 in totale in tre anni diversi e che quindi non ha mai dominato?

In nessun senso.
Accostare, poi, le parola Murray e la parola dominatore mi fa rabbrividire.

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Fede (Guest) 22-03-2017 19:16

Complimenti Marco!
Sempre interessanti i tuoi articoli, è un piacere “leggerti”!

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DoubleFault (Guest) 22-03-2017 17:17

In che senso Djokovic (12 Slam, avendo vinto almeno una volta tutti e 4, e avendone vinti due volte 3 in un anno solare, nel 2011 e 2015) è accomunabile ad un tennista suo coetaneo che ne ha vinti 3 in totale in tre anni diversi e che quindi non ha mai dominato?

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donato (Guest) 22-03-2017 17:02

esattamente un anno fa
il serbo annichiliva ogni avversario ,stravinceva a melbourne e i due master 1000 americani e proseguendo con con parigi
sembrava invicibile in vetta al ranking con un margine di oltre 5000 sullo scozzese
da allora una fragorosa caduta che ha avuto conseguenze importanti con il divorzio da becker e una certa tensione in fami
per lo scozzese sembra un film gia visto quando dopo il primo wimbledon ,2013,vinto scese in classifica di alcuni posti mostrando di non avere la stoffa del leader

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sasuzzo (Guest) 22-03-2017 16:21

Scritto da sasuzzo
Non è crisi tecnica ma solo fisica. Sono contento. Basta con i Nadal, i Djokovil , i Murray. Non è ( magari non era) tennis. L’intensità feroce di questi regolaristi estremi non può essere supportata a lungo né da loro oltre i 29 30 anni nè da chi ama davvero il tennis.

Sopportata

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sasuzzo (Guest) 22-03-2017 16:20

Non è crisi tecnica ma solo fisica. Sono contento. Basta con i Nadal, i Djokovil , i Murray. Non è ( magari non era) tennis. L’intensità feroce di questi regolaristi estremi non può essere supportata a lungo né da loro oltre i 29 30 anni nè da chi ama davvero il tennis.

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marco mazzoni (Guest) 22-03-2017 15:12

@ Reax (#1795987)

ciao, grazie del commento 🙂 intendevo un grosso torneo, mi sono certamente espresso male
saluti

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Reax (Guest) 22-03-2017 15:01

Mazzoni…Djokovic ha vinto Doha a gennaio 17…non è dal masters1000 canadese cui fa riferimento che non vince un torneo…

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Kriss69forever 22-03-2017 14:27

Questo dimostra quanto è delicata la meccanica psico-fisico-tecnica necessaria per costruirsi e restare numero uno. Murray, Djokovic, Nadal sono giocatori ingiocabili se sono al 100%, ben battibili appena scendono al 90%. Non hanno un colpo di base che emerge e che li sostiene (il servizio di Raonic, la potenza di Wawrinka, etc.), devono essere tesi come corde di violino per rendere al massimo. Ed allora miglie e figli, o un infortunio sedato ma che resta a covare, possono mandarli in tilt. Solo Federer costruisce sul proprio talento superiore, e quindi è meno esacerbato di questi. Auguro a tutti di ritrovare condizione e vittorie, per il momento mi godo finalmente il trionfo del talento allo stato puro

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ci provo (Guest) 22-03-2017 14:20

Premesso che considero Federer il miglior giocatore di sempre, trovo che il tennis di vertice sia messo proprio male se a un campione di 35 anni basta rifiatare qualche mese per tornare a essere, quando si ripresenta nel circuito, nettamente il più competitivo in circolazione…

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LuchinoVisconti (Guest) 22-03-2017 13:30

Redazione, forse il titolo è sbagliato!
Non “Dominatori in affanno” ma “Pedalatori in affanno” :mrgreen: ed ai due citati aggiungerei anche Nadal, no? Chi pedalò più di lui?

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Elpioco 22-03-2017 13:00

Qualcosa di diverso neanche più di tanto se non ci stanno quei due ci stanno gli altri due barra tre insieme a wawrinka non mi sembra sti cambiando niente al veritice forse sotto qualcosa si sta muovendo ma neanche più di tanto

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fabio (Guest) 22-03-2017 12:59

penso che novak ed andy torneranno presto a vincere. ma non a dominare come nel 2016. non dimentichiamo che il tennis è uno sport duro. un match puo durare piu di 3 ore. hanno bisogno di ricaricare le batterie

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