Spacca Palle - Numero 38 Copertina, Generica

Spacca Palle: Kermode (CEO dell’ATP) e l’assurdità dei match sotto le due ore

18/11/2014 11:48 101 commenti
<strong>Chris Kermode</strong> è il Capo dell'ATP
Chris Kermode è il Capo dell'ATP

Delusione ed amarezza. Le ATP Finals appena passate in archivio hanno scontentato tutti. Da quando seguo il tennis – ma credo si possa affermare da quando questo grande torneo esiste – mai un’edizione del Master di fino anno è stata così disastrata. Sotto tutti i punti di vista. Eccetto qualche passaggio di puro divertimento grazie agli specialisti del doppio (in tv tutto sommato “spacca”) abbiamo vissuto e subito una settimana orrenda, inutile girarci intorno. I gironi sono avanzati mestamente, nella noia mortale di match senza lotta e spettacolo tecnico, esclusi un paio di mirabili “one-man-show” di Roger e Novak, ma un po’ fini a se stessi nella loro perfetta esecuzione. Solo il subentrante Ferrer è riuscito a dare un po’ di “garra” al suo incontro, e soltanto la semifinale tutta svizzera ha regalato emozioni. La finale addirittura non c’è stata. Kaput. Una miseria per il torneo che propone i migliori 8 dell’anno e che dovrebbe regalare uno show al massimo livello.

A peggiorare il bilancio totalmente negativo di un Master grottesco, ci s’è messo pure il boss dell’ATP Kermode, che nel corso della settimana ha organizzato alcuni incontri con un gruppo ristretto di persone per una sessione di brainstorming, uscendone con alcune dichiarazioni sconcertanti. Anzi, oserei dire allarmanti per il futuro del nostro amatissimo tennis.

Alcuni media nazionali (tra cui il sito dell’amico Scanagatta) e internazionali sono riusciti ad intervistare Kermode, che forse fin troppo in libertà si è lasciato andare a frasi ad effetto, alcune davvero molto spinte, in cui si dice soddisfatto solo in parte della salute del movimento al vertice, e determinato a cambiare molte cose per restare al passo con i tempi. “Non resterò a scaldare la poltrona…” il senso generale del suo mandato. Un presidente che non sia un puro contabile è sempre una buona cosa, …a patto che non voglia trasformarsi in una sorta di rivoluzionario al contrario, un uomo solo al comando che vuole imporre una logica troppo spinta sul piano commerciale, disposto a mettere in discussione le fondamenta stesse del tennis per andare “al passo coi tempi”. Aspetto questo assai discutibile, poiché non sempre l’evoluzione in corso in tanti ambiti del sociale è una cosa positiva, e non dovremmo per forza subirla, semmai governarla… Ma lasciando gli aspetti filosofici della questione ed andando sul pezzo, ecco alcuni punti delle sue uscite, che spiegano l’allarmismo con cui personalmente (ma anche la maggior parte di chi è nel mondo del tennis) ha accolto queste idee.

Su scommesse, doping, pochi soldi per i tornei minori, ecc, le posizioni sono sempre le solite, di cui ho parlato ampiamente ad inizio 2014, e che non mi lasciano affatto soddisfatto. Ecco invece la bomba: Kermode è assolutamente contrario agli attuali tempi di gioco. Intanto reputa assolutamente inadeguata la preparazione al match. Vorrebbe cambiare la “lungaggine” dell’ingresso in campo, del riscaldamento, di come i giocatori si siedono, preparano racchette, bibite, ecc… (strano tra l’altro, poiché soprattutto negli USA quei tempi sono spesso molto venduti dai network per le pubblicità…). Vuole accorciare quei tempi? Parliamone, anzi che ne parli con i suoi “datori di lavoro”, visto che l’ATP è anche l’associazione dei giocatori… Francamente non credo che quello sia un grosso problema.

Andando oltre, si arriva al punto clou. Traduco il senso di alcune sue dichiarazioni: “Negli incontri oggi ci sono troppi tempi morti, troppe fasi non interessanti che non coinvolgono il pubblico. I giovani soprattutto amano gli Iphone, tutto va veloce e si deve andar velocissimo per tenere alta l’attenzione. Un match di tennis è troppo lungo. Il tempo ideale di un incontro non deve superare le 2 ore, non 4…”. Sul perché della lunghezza delle partite si potrebbe discutere all’infinito, e dopo ci tornerò, ma ecco un’altra “perla” dal Kermode: “Se cambiamo i tempi di gioco tenendo i match a massimo 2 ore, magari sono proprio gli Slam a venirci incontro e fare altrettanto. Capiranno che le nuove generazioni non seguiranno mai un match che finisce 9-7 al quinto, ore ed ore di tennis… Una volta introdotto il cambiamento, i giovani nemmeno sapranno che esistevano match con lunghe battaglie, e sarà normale finire entro due ore, magari con un 7-6 al tiebreak del terzo…”.

Personalmente trovo questa frase agghiacciante. La dice lunga sulla scarsa cultura del gioco che pare animi Mr. K. Se aggiungiamo quest’altra sua frase, ecco che si illustra la filosofia totalmente commerciale che sostiene la sua visone: “Il tennis oggi? I numeri dicono che è in buona salute, si assiste ad una crescita praticamente in tutti i paesi, con spettatori in aumento, come l’ascolto in televisione. Ma un business è un business…”. Quindi: il tennis è in crescita (dati alla mano) di interesse in tutto il mondo, ma necessita di una rivoluzione nella sua anima perché il mondo andrà sempre più veloce, sarà dominato dalle esperienze “mobile” dei telefonini e devices simili, e quindi non ci sarà più tempo e voglia per seguire uno sport che va oltre alla logica del tempo nella sua filosofia. Orrore.

Qualcuno dovrebbe forse spiegargli che uno sport sarà anche business (inutile negare il contrario) ma è soprattutto Passione. Una passione che si è radicata in chi lo segue da generazioni di tornei, generazioni di campioni e dalla passione che la sua storia antica ha saputo trasmettere al nostro tempo. Una cosa che non ha prezzo, che non è in vendita. E che, oserei dire, non è nemmeno sua, ma appartiene proprio alla gente, agli atleti che dal campetto di periferia fino al top della finale di Wimbledon animano questa disciplina. Attaccarla vuol dire attaccare tutti coloro che il tennis lo amano.

Le parole del guru dell’ATP sono inquietanti perché dimostrano una visione del tutto aliena alla cultura del nostro sport, alla sua storia e tradizione. Una storia e tradizione che hanno reso possibile quello che oggi è il tennis. Soprattutto le sue parole lasciano intravedere una logica commerciale spinta all’estremo. Chiaro che l’economia del sistema è vitale per la sua sopravvivenza, ma piegare tutto alla logica del marketing è un boomerang, perché stravolgere la filosofia stessa del tennis per essere più vendibile è un rischio enorme. Si rischia di minare le fondamenta del gioco trasformandolo in qualcosa di diverso, e non necessariamente migliore. L’esperienza recente della pallavolo (uno sport che aveva tanti punti di contatto con il tennis) dovrebbe insegnarlo.

Non metto in dubbio che arroccarsi su posizioni storiche non sia corretto. E’ necessario guardarsi intorno e muoversi, e si può sempre discutere in modo costruttivo di miglioramenti e novità per rendere il gioco più interessante e “moderno”. Lo si è anche fatto. L’introduzione del tiebreak anni fa è stata vitale, visto che spesso i set non finivano e lì davvero si andava oltre; il tetto in tanti eventi per poter giocare anche col maltempo è un’altra vittoria importante. In questo ambito prenderei a modello assoluto Wimbledon, non a caso il tempio del tennis, dove tutto è nato e dove tutto fa tendenza. Un torneo che lussureggia grazie al prestigio e alla sua storia, ma che da molti anni (e ogni anno) cresce, migliora strutture e si rinnova senza mai rinnegare la tradizione. La tradizione è forza quando è saputa gestire. E prenderei semmai ad esempio il rugby, uno sport che per certe cose può sembrare quasi ottocentesco ma che invece in pochi anni si è evoluto tantissimo, diventando assai moderno (e globale) senza snaturare le sue unicità.

L’importante è agire e concepire proposte interessanti e migliorative senza rinnegare i fondamenti della disciplina, senza attentare alla bellezza ed unicità di uno sport come il tennis, che davvero si distingue da tutto il resto del panorama sportivo. Non ci sono discipline così complesse, che uniscono grazia e violenza senza contatto fisico. Non trovo altre discipline che riescono a ricreare in campo un universo così complesso, quel dinamico e a volte drammatico duello a stretta distanza tra due talenti che non si toccano mai, ma che si violentano mentalmente e fisicamente con colpi da maestro, sfidando l’impossibile. Ogni match è piccolo universo teatrale.

Tra le tante unicità del nostro sport c’è soprattutto quella del punteggio: nel tennis il tempo è un fattore quasi marginale, l’avversario va superato con più classe e vincendo serie irregolari di punti. E’ un’unicità straordinaria, e sarebbe una follia metterla a repentaglio ipotizzando match a durata di tempo massima…

Se Kermode pensa che i match hanno troppe pause e tempi morti, in questo può avere ragione. Ma allora, perché viene permesso ai giocatori di far quello che gli pare tra un punto e l’altro? Perché ci si deve asciugare dopo ogni punto, mica si gioca in una sauna? Perché non si rispettano i secondi di pausa tra un punto e l’altro come da regolamento e anzi, perché non si riducono di altri 5 secondi, in modo che il gioco sia più continuo? Questa è una proposta di buon senso, che si potrebbe accordare. E già questo ridurrebbe un bel po’ la lunghezza del match e soprattutto lo renderebbe realmente con meno pause.

Piuttosto Kermode dovrebbe interessarsi sul perché troppi match sono diventati non solo lunghi ma estremamente noiosi. Schermaglie di pallate continue, battaglie estenuanti di scambi uno uguale all’altro… Questa sì che è la vera involuzione di uno sport che è nato come disciplina di destrezza, che esaltava la capacità degli atleti non di correre e rincorre ma di superare l’altro con colpi vari e spettacolari. Fino a qualche anno fa si correva di meno e si tirava di più. Il gioco era meno “consistente” e fisico, ma più rapido ed “elettrizzante”. Kermode dovrebbe interrogarsi sull’eccessiva lentezza ed omologazione delle condizioni di gioco, voluta a sua tempo quando si temeva che la next generation fosse un’orda di giganti spara servizi, con gioco rarefatto. Si è passati all’opposto… Mr. K. ascolti i pareri che arrivano non solo da tanti tifosi ed addetti ai lavori ma anche da molti giocatori, che chiedono condizioni di gioco più rapide (superfici più veloci, palle meno dure e pesanti). Uno dei fattori che ha affossato l’ultimo Master – a detta di tutti – è stata la lentezza delle condizioni di gioco. Condizioni più rapide e magari più diseguali porterebbero spontaneamente a match più elettrizzanti, con scambi più brevi tesi alla ricerca costante del winner, senza però arrivare a velocità di gioco disumane e quindi alienanti. Basterebbe fare un passettino indietro, e riavvolgere il nastro di poco, tornando al bellissimo tennis di qualche lustro fa, quando c’erano anche grandi maratone ed epiche battaglie, grazie ad atleti formidabili ed acerrimi agonisti, ma mediamente i match erano più corti, più spediti, con più errori e più vincenti. Si otterrebbe uno spettacolo più vario, diverso ad ogni torneo e quindi più avvincente, oltre che match sicuramente più brevi. Scacco matto. Altro che ipotesi strampalate di match “a tempo” o necessariamente più corti con qualche alchimia a castrare e mortificare il senso stesso del gioco. Imporre match con un tempo determinato o cambiarne il punteggio (o altre cose simili) per fare in modo che la partita sia più corta renderebbe il tennis un’altra cosa, che personalmente non voglio nemmeno immaginare.

La situazione è complicata perché pare che Kermode sia totalmente consapevole di come il tennis sia diventato troppo omologato, e fisico. L’ha detto lui stesso, parlando delle difficoltà dei tornei minori nel raccogliere interesse e sponsorizzazioni, affermando che “avere più giovani in corsa negli eventi minori aiuterebbe l’interesse intorno a quei tornei, soprattutto i 250. Però la classifica oggi li relega troppo indietro, fanno fatica ad emergere. Oggi per un ragazzo di 18 anni è difficile arrivare a competere al massimo livello, per colpa dell’eccessiva fisicità del gioco. E’ difficile che riescano a venire fuori prima dei 23, 24 anni…”. Allora: se si è consapevoli che la troppa fisicità è un problema del tennis attuale, un problema che anche allunga i match, perché non intervenire su quest’aspetto, invece che partorire idee terrificanti come quelle di imporre un limite di tempo?

 

Marco Mazzoni


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Papuffo Volante (Guest) 19-11-2014 21:41

Basterebbe servire una sola palla, alzare la rete di almeno 50 cm., e ridurre i game al solo 15 con il killer point sul 15 pari e tutto si velocizzerebbe!
😀

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