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Il gioco del rocchetto. Presentazione del libro “Racchette e abitudini” di Marcella Marcone e Marco Mazzoni” (Ed. Libreria dello sport)

20/07/2017 08:15 4 commenti
Presentazione del libro “Racchette e abitudini” di Marcella Marcone e Marco Mazzoni” (Ed. Libreria dello sport
Presentazione del libro “Racchette e abitudini” di Marcella Marcone e Marco Mazzoni” (Ed. Libreria dello sport

“Finalmente mi accorsi che questo era un gioco, e che il bambino usava tutti i suoi giocattoli solo per giocare a gettarli via. Un giorno feci un’osservazione che confermò la mia ipotesi. Il bambino aveva un rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo. Non gli venne mai in mente di tirarselo dietro per terra, per esempio, e di giocarci come se fosse una carrozza; tenendo il filo a cui era attaccato, gettava invece con grande abilità il rocchetto oltre la cortina del suo lettino, in modo da farlo sparire, pronunciando al tempo stesso il suo espressivo oh! Poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto, e salutava la sua ricomparsa con un allegro “da” (qui nda)”

Quando la redazione di livetennis mi ha chiesto di scrivere una recensione sul libro di Marcella Marcone e Marco Mazzoni, dal titolo accattivante “Racchette e abitudini”, (Ed. Libreria dello Sport) conoscendone l’argomento, mi è venuto alla mente questo passaggio di una fondamentale opera di Freud “Al di là del principio di piacere” (1920) in cui lo psicoanalista viennese descrive il comportamento del nipotino Hernst di 18 mesi, in quello che diverrà un passaggio fondamentale per lo studio della psicologia infantile, ovvero il “gioco del rocchetto” (o del Fort – Da).

Il bambino trae piacere nel lanciare il rocchetto oltre il lettino per poi recuperarlo: in questo modo sana l’angoscia di separazione dalla madre, assistendone, simbolicamente alla scomparsa per poi viverne il ricongiungimento. Un rito: un lancio di un rocchetto, così come di una pallina, oltre una rete vera o simbolica, una restituzione ed un rilancio. Ho sempre pensato che il tennis fosse tra tutti gli sport quello più propriamente psicoanalitico ed anche per questo mi appassiona tanto, intrecciandosi con la mia professione: è rarissimo assistere in altre discipline, anche individuali, a quei veri e propri psicodrammi che avvengono in molti match. Partite ormai vinte che incredibilmente vengono ribaltate, giocatori già mentalmente sotto la doccia, che letteralmente risorgono, complice il crollo mentale dell’avversario. Ed ogni volta, giustamente, gli appassionati di tennis commentano attoniti i fatti accaduti, senza considerare che ciò che si mostra loro è solo la parte visibile di un iceberg. E’ evidente che non tutto può essere spiegato in termini tecnici, tattici o prestazionali: che piaccia o meno il comportamento dell’essere umano è sovra determinato da un’istanza che gli psicoanalisti chiamano inconscio, il sommerso dell’iceberg. Ma se ci turba troppo questa parola possiamo cambiarla e trovarne un’altra più accattivante, tuttavia nulla cambierà: come lo specchio ci rimanda solo una parte della nostra immagine corporea, noi stessi non possiamo cogliere che brandelli della nostra mente. Accettiamo che la Luna nasconda una sua metà ma ci infastidisce quando siamo noi stessi ad occultare i nostri veri pensieri e desideri. In questo senso forse il tennis non è altro che un gioco del rocchetto spinto a livelli altissimi: la pallina viene mandata dall’altra parte della rete per diventare adulti, rompendo il filo che preclude l’autonomia a tanti giovani. Il tennis come metafora della vita: la costruzione dell’identità ed il raggiungimento dei nostri obiettivi è direttamente proporzionale alla nostra capacità di spezzare i fili, le dipendenze che ci attanagliano. E se il bambino di Freud sorrideva quando il rocchetto ricompariva, il giovane, tennista o meno, deve imparare a sorridere quando chiude il punto e la pallina va all’intersezione delle righe senza tornare indietro.

La psicoterapeuta Marcella Marcone, che ha una formazione psicoanalitica, insieme al bravissimo Marco Mazzoni, giornalista e profondo conoscitore di tennis, che i nostri lettori conoscono bene per i suoi competenti articoli, con coraggio scrivono a quattro mani quest’opera che, non a caso, ha come sottotitolo “Aspetti psicologici di rituali e scaramanzie, con aneddoti sui giocatori”. E’ un’operazione coraggiosa, che fa seguito al già apprezzato “Tennis sul divano” degli stessi autori (2009) perché lo sport in genere, ed il tennis in modo particolare, trattano la psiche come un organo o una parte del corpo. Se si infiamma va allenata o messa a riposo. Ma come il bravo medico si chiede sempre il perché di uno stato febbrile, non limitandosi a somministrare antipiretici, anche in ambito sportivo non tutto è spiegabile in termini di stress, autostima, motivazioni.

Talvolta un tennista ha paura di vincere non di perdere, il cosiddetto “braccino”, ed allora, in questi casi, è opportuno andare a fondo per individuare le ragioni di un nemico interno, insidioso ed invisibile. Molti tennisti ed anche pongisti, il libro tratta anche di questi atleti, hanno avuto e continuano ad avere il coraggio di farlo e si rivolgono alla Dott.ssa Marcone, perché il socratico “conosci te stesso” si può coniugare con forza ed efficacia ad allenamenti, strategie di gioco e studio degli avversari. Rispettosa della privacy dei suoi pazienti, come sempre occorre fare in questo genere di pubblicazione cambiando ovviamente nomi e riferimenti che possano portare ad identificare di chi si parla, la Marcone apre la porta del suo studio e ci fa entrare a patto che non facciamo rumore. “Per molto tempo ho indossato il completino bianco coi bordi azzurri perché la prima volta mi aveva portato fortuna. Ero ancora junior e avevo conseguito il risultato più importante della mia carriera giovanile: avevo vinto il torneo, ma soprattutto per la prima volta avevo sconfitto la mia principale rivale, che fino a quel giorno mi era parsa imbattibile! (…) Questa è la mia foto preferita di quando ero piccola, quella in cui mi riconosco di più. (…)Sono allegra, felice, in braccio al mio papà che mi fa sentire così protetta e sicura (…) Avrò circa tre anni e mezzo ma sono vestita come una signorina, con un abito bianco e azzurro che pare nuovo…” Attraverso quella che in psicoanalisi si chiama “interpretazione” la Marcone rende consapevole la sua paziente, e noi con lei che assistiamo virtualmente alla seduta, di quanto la sicurezza che il completo di tennis di oggi trasmetteva alla ragazza era strettamente connessa a quella foto sbiadita della sua infanzia in cui, indossando gli stessi colori, si sentiva rassicurata e forte grazie al padre. So già che i più razionali scuoteranno la testa ma vi assicuro che chi pratica la psicoanalisi, da una parte o dall’altra della “rete”, ossia psicoanalista o paziente, si nutre quotidianamente di queste associazioni. Il rapporto tra passato e presente è molto più intenso di quanto, ingenuamente, possiamo essere portati a pensare. Quasi due millenni prima, senza che fosse uno psicoanalista, Agostino d’Ippona sosteneva che esiste un unico tempo, il presente, in cui convergono passato e futuro.

Ho voluto riportare soltanto un esempio, assolutamente affascinante, tra i tanti innumerevoli contenuti nell’opera che analizza, quindi, quanto nel rapporto che tennisti e pongisti abbiano con abbigliamento, alloggio, cibo, sia frutto delle esperienze passate che si sono rivelate poi, grazie alla cartina di tornasole della terapia psicoanalitica, sul lettino dell’analista. Questi trailer analitici, mi piace definirli così, sono cuciti abilmente da Marco Mazzoni che possiede un archivio di aneddoti praticamente infinito, che svelano simpaticamente le superstizioni ed i rituali di alcuni tennisti o tenniste. Questa volta il materiale è tratto da interviste o da osservazioni dirette, quindi non c’è alcun obbligo di privacy. Parliamo di Rafa Nadal: “il maiorchino entra sempre in campo con una racchetta in mano (a sinistra) salutando con la destra. Appena posa il borsone, sistema con cura il suo badge stando attento che la foto sia rivolta verso l’alto: aspetta sempre che sia l’avversario a raggiungere per primo la rete, facendolo aspettare qualche istante; si toglie la giacca saltellando, tira fuori dalla sacca i suoi integratori, che consegna ad un raccattapalle perché li riponga in un frigo; ingerisce qualche gel di zucchero e quindi si avvia alla rete, dove durante il sorteggio saltella ; terminato il sorteggio e la foto di rito, fa un piccolo sprint verso la riga di fondo.” Non ridete (tranne coloro ai quali proprio Rafa non sta simpatico): quanti di noi tornano indietro, una volta usciti di casa per controllare se le luci sono spente? E un controllino, magari due al gas la sera? Apriamo la porta di casa sempre con la mano destra anche se è occupata da borse e pacchi? Ed un quadro storto nel corridoio ci lascia indifferenti? Riti e superstizioni, nei limiti, appartengono invisibilmente alla vita di tutti, ne consolidano le sicurezze. Figuriamoci a questi livelli di stress. Ed ancora: nel libro troverete le abitudini pre match di Ana Ivanovic, Richard Gasquet o Fernando Verdasco, il dare le spalle di Maria Sharapova prima di rispondere, i colpi di tosse di Boris Becker, la strana scelta delle palline di Berdych o Tsonga.

Tutto questo non per ridicolizzare il tennista di turno, ma, al contrario per umanizzarlo, forse anche per renderci più tolleranti quando giudichiamo le loro prestazioni. Marcone e Mazzoni, in un lavoro che è scritto a quattro mani, ma ha uno stile narrativo uniforme, compiono un grande servizio, direi un ace, al tennis ed ai tennisti: quello di farli uscire dall’Olimpo. Gli Déi destano sempre un po’ di invidia in noi poveri umani. Scoprirne abitudini, riti ed anche malesseri profondi, ce li rende molto più vicini e simili a noi. E forse ad amarli di più. Perché un campione è “qualcuno che si rialza quando non può” (Jack Dempsey) ed allora ci mostra la sua fragilità. Completa l’opera un bell’intervento di Raffaella Reggi: memorabile la sua affermazione secondo cui “le abitudini sono necessarie per dare continuità alla propria vita”. Cosa che vogliamo tutti, per i tennisti, per noi stessi e per le persone che amiamo.


Antonio De Filippo


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4 commenti

Haas78 (Guest) 21-07-2017 10:03

@ Ken_Rosewall (#1901776)

Non capisco la valutazione positiva ad un commento del genere, ‘sto sistema personalmente mi sembra abbassi la qualità degli interventi

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Peppo81 (Guest) 20-07-2017 14:05

Il libro sembra veramente molto intetessante, un’indagine accurata per capire meglio questo affascinante mondo del tennis, gli atleti e i loro rituali, bellissimo. Veramente lo leggerò.

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Ken_Rosewall 20-07-2017 13:07

Farà parte della mia biblioteca 😉

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Sofia85 (Guest) 20-07-2017 12:05

Molto interessante! Sono presenti diversi spunti di riflessione originali. Una bella recensione per un libro da leggere con attenzione per tutti coloro che amano il tennis.

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+1: Ken_Rosewall