Il giovane nipponico è stato n.1 ITF nel 2019 ATP, Challenger, Copertina

Intervista esclusiva a Davide Sanguinetti, coach di Mochizuki: “È essenziale guidare il passaggio da juniores a Pro”

22/03/2023 17:00 16 commenti
Davide Sanguinetti
Davide Sanguinetti

È sempre un piacere parlare di tennis con Davide Sanguinetti. L’ex Pro azzurro, da molti ricordato per i quarti di finale raggiunti a Wimbledon nel 1998, i due tornei ATP vinti in carriera tra cui Milano 2002 battendo Roger Federer in finale e le importanti prestazioni in Coppa Davis, dopo aver appeso la racchetta al chiodo nel 2008 ha intrapreso la carriera da coach, aprendosi al mondo e cercando esperienze a 360°. Del resto non è mai stato una persona banale, sia come tennis in campo – leggero e offensivo – che per le sue dichiarazioni, asciutte e schiette. Il nativo di Viareggio ha iniziato la carriera da coach allenando Vince Spadea, quindi per alcuni mesi Dinara Safina, sorellina di Marat ed ex 1 WTA, per poi passare in varie esperienze tra oriente e USA, assistendo il giapponese Go Soeda, il cinese Di Wu, i fratelli Ryan e Christian Harrison e lo specialista del doppio Michael Venus.

Adesso è da alcune settimane all’angolo del 19enne Shintaro Mochizuki, numero 271 ATP. Il giapponese è stato numero 1 del mondo Juniores nel 2019, anno in cui ha vinto l’edizione giovanile di Wimbledon. Sbarcato tra i Pro, a livello Challenger il suo miglior risultato è la semifinale raggiunta nel torneo di Matsuyama sul finire dello scorso anno. Nel 2023 ha un record di 23 vittorie e 9 sconfitte.

Nella chiacchierata con Davide abbiamo parlato del suo giovane assistito, tennista dal buon potenziale ancora tutto da forgiare, ma anche del suo passato da giocatore di College negli USA, per ricondurci alla serie di approfondimenti sul mondo tennistico universitario statunitense che continueremo a trattare anche in prossimi articoli. Sanguinetti da giovane scelse di girare il mondo, lasciando l’Italia a 18 anni per studiare in America tra la Harry Hopman Academy in Florida e UCLA in California. Un’esperienza che ritiene decisiva alla sua crescita umana e sportiva.

 

Davide, è la prima volta che si dedica a tempo pieno alla crescita di un tennista giovane come Shintaro Mochizuki. Le chiedo se e in cosa cambia l’approccio del coach quando si trova al fianco di un tennista ai primi passi nel circuito pro.
“Occorre lavorare molto sul piano mentale. È essenziale guidare il passaggio dall’essere un giocatore juniores al diventare un giocatore Pro. Due pianeti diversi. Con Shintaro in questa prima fase stiamo imparando a conoscerci: io sto provando piano piano a entrare nella sua testa, mentre lui sta cercando di aprirsi dal punto di vista caratteriale”.

Nella tournée americana Mochizuki ha giocato un gran torneo a Waco partendo dalle quali, ma sono rimasto colpito dalla partita di Shintaro a Puerto Vallarta contro Elias, in particolare da un dettaglio: la reazione e il fantastico livello di gioco mostrato nel tiebreak decisivo quando si è trovato sotto 1-6. Segno di forza mentale credo.
“È vero, quando gioca rilassato si nota e gioca ovviamente meglio. Mentre quando è avanti nel punteggio gli capita di avere dei passaggi a vuoto che lo portano a sbagliare e ad innervosirsi. Fra l’altro a Puerto Vallarta siamo arrivati in una situazione particolare. Shintaro nei quarti di Waco si era fatto male alla schiena e quindi siamo arrivati alla prima partita in Messico dopo quasi quattro giorni senza alcun tipo di allenamento. Ha giocato bene sia la prima partita che la seconda contro il portoghese pur perdendola, ma questi incontri tirati gli servono per capire cosa bisogna fare per vincere partite a livello Pro”.

Qual è la vostra programmazione per le prossime settimane?
“Adesso siamo in Francia, poi nell’ottica di vedere all’opera Shintaro su tutte le superfici, ci metteremo alla prova sulla terra battuta. In pratica giocheremo fino al Roland Garros tornei su terra”.

Nel tennis di Mochizuki un colpo sicuramente da migliorare è il servizio. In che modo pensa di lavorarci su?
“Innanzitutto occorre lavorare sul fisico e aumentare la massa muscolare. Poi dal punto di vista tecnico ci concentreremo sulla spinta delle gambe e della schiena. Il movimento del servizio è una catena e questi due elementi, gambe e schiena, mancano un po’ nel servizio di Mochizuki”.

Lei ha avuto un’esperienza importante in un College americano. In cosa è stata particolarmente formativa dal punto di vista tennistico e ci sono secondo lei differenze fra i giocatori che uscivano 15-20 anni fa dal College e i giocatori di oggi?
“Per me l’esperienza al College è stata fondamentale. Appena uscito dall’università infatti sono subito riuscito a entrare nel circuito Pro. Nei tornei e campionati universitari ciò che viene formata e allenata è la competitività, l’essere pronti settimanalmente a giocare partite importanti e di buon livello. Mi è servito tantissimo. Una differenza invece che mi pare di poter individuare con i tennisti che escono oggi dai College è la cura dell’aspetto fisico. Il mio coach al College non era molto interessato alla parte atletica del tennis e quindi sono stato io poi nel corso degli anni a dover inseguire e migliorare questo aspetto del gioco”.

Un’ultima domanda sulla questione palline e lentezza dei campi. Molti giocatori si lamentano delle palline che non vanno e delle superfici sempre più lente. Cosa ne pensa?
“È innegabile. Si sta cercando di rallentare il gioco… i giocatori si lamentano, ma questa scelta è fatta per il pubblico e per rendere migliore lo spettacolo sul campo da gioco. Certo rispetto a quindici anni fa il paragone è quasi impossibile… Le palline erano veloci e i campi super-veloci… tutto un altro pianeta rispetto alle condizioni di oggi”.

Antonio Gallucci


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Lovegangmemb 20-10-2023 16:23

chi qui dopo i quarti di finale atp tokyo 500?

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Mauriz70 23-03-2023 10:54

Scritto da Mario Blu
Di Sanguinetti purtroppo ho un cattivissimo ricordo. La finale di coppa davis del 1998 giocata in modo orrido.
Andrea Gaudenzi ci aveva trascinato eroicamente quasi da solo in finale. Avevamo eliminato gli Usa in semifinale a casa loro.Gaudenzi stava per battere Magnus Norman all’epoca fortissimo ma si infortunò alla spalla.
Nel secondo match scese in campo Sanguinetti e si beccò un 61 64 60 da Gustafsson che era abbordabile. Più un’altra prova fiacca in doppio. Durante le premiazioni fu l’unico fischiato.

A quei tempi Magnus Gustafsson era però tutt’altro che abbordabile.era uno specialista della terra e , mi pare, 10 del mondo

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tinapica 23-03-2023 04:51

Scritto da Brufen

Scritto da Poldo
Ennesima riprova del fatto che da junior vince chi sbaglia meno, sport preferito dai federali, mentre da pro vince chi tira più forte sbagliando meno.
Anche per il mondo universitario americano non pretendo che sia considerato un passaggio obbligato per tutti ma che a livello federale non si conosce per nulla e quindi neanche se ne parla a mio giudizio è piuttosto grave.
Sanguinanti sulla base dell’esperienza fatta non allenerebbe mai un italiano junior, troppi vincoli federali e differenze di mentalità

In realtà Mochizuki da junior sfoggiava un gioco fantasioso, esuberante e ultra-offensivo. È proprio ora, da pro, che si è un po’ “standardizzato” per cercare di tener botta coi grandi, ma gli evidenti limiti fisici lo rendono un giocatore “normale”.

Spero che, con l’aiuto di Sanguinetti, si ravveda e capisca che quando si nasce tondo è insensato provare a diventare quadrato.

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Brufen (Guest) 22-03-2023 22:33

Scritto da Poldo
Ennesima riprova del fatto che da junior vince chi sbaglia meno, sport preferito dai federali, mentre da pro vince chi tira più forte sbagliando meno.
Anche per il mondo universitario americano non pretendo che sia considerato un passaggio obbligato per tutti ma che a livello federale non si conosce per nulla e quindi neanche se ne parla a mio giudizio è piuttosto grave.
Sanguinanti sulla base dell’esperienza fatta non allenerebbe mai un italiano junior, troppi vincoli federali e differenze di mentalità

In realtà Mochizuki da junior sfoggiava un gioco fantasioso, esuberante e ultra-offensivo. È proprio ora, da pro, che si è un po’ “standardizzato” per cercare di tener botta coi grandi, ma gli evidenti limiti fisici lo rendono un giocatore “normale”.

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Ci sono molti atleti che stanno scalando meglio le classifiche di questo giapponese, specie fra Serbia e Croazia (vedasi Prizmic), poi ognuno, caro Davide protagonista di uno degli spot televisivi più belli e simpatici della storia del tennis, gestisce per il proprio meglio i “cavalli” di razza che riceve

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Poldo (Guest) 22-03-2023 13:07

Ennesima riprova del fatto che da junior vince chi sbaglia meno, sport preferito dai federali, mentre da pro vince chi tira più forte sbagliando meno.
Anche per il mondo universitario americano non pretendo che sia considerato un passaggio obbligato per tutti ma che a livello federale non si conosce per nulla e quindi neanche se ne parla a mio giudizio è piuttosto grave.
Sanguinanti sulla base dell’esperienza fatta non allenerebbe mai un italiano junior, troppi vincoli federali e differenze di mentalità

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ilpallettaro (Guest) 22-03-2023 12:29

bella intervista, con due concetti.
il primo è che chi ha ambizioni pro deve lavorare da junior senza alcun riferimento alla classifica perché non significa nulla. e così, aggiungo io, la classifica non dovrebbe influenzare la selezione che fa la fitp.
il secondo è che la scelta del college non solo è più formativa culturalmente che stare al circolino, non solo non fa spendere una fortuna ai genitori, ma è anche più formativa dal punto di vista tennistico.

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+1: Luca Martin
tinapica 22-03-2023 11:46

Io andai apposta (quasi: volevo vedere anche Gulbis) a vedere il Giapponesino a Milano, la scorsa estate: totale delusione!
Vidi una noia di giocator-fondocampista, senza averne il fisico necessario e neppur avendo le gambe di Schwartzmann o De Minaur.
Poi perse, mi pare al terzo turno, ma già al primo, vincente con Ferrari, rischiò assai.
Spero Sanguinetti sappia fargli capire che se vuole continuare solo a provare a sfondare da fondo campo non ha futuro.
Comunque si tratterà di vedere se ha talento sufficiente e necessario a far qualcosa di diverso…

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+1: Luca Martin, Gabriele Camussa tennis club Chiomonte
Luca Martin 22-03-2023 10:38

Grande Sanguinetti.
Sarà nato a Viareggio, ma lo sento spezzino al 100%!

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Pierre Herme’ the Picasso of Pastry (Guest) 22-03-2023 10:17

Scritto da Pierre Herme’ the Picasso of Pastry
Bella intervista ma il LEI ci sta come il catch up sulla torta della nonna

Maledetto T9
Volevo scrivere Ketchup

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Pierre Herme’ the Picasso of Pastry (Guest) 22-03-2023 10:13

Bella intervista ma il LEI ci sta come il catch up sulla torta della nonna 🙂

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Thiago (Guest) 22-03-2023 09:41

Io al contrario ho alcuni ricordi splendidi di Davide. Oltre alla vittoria a Milano, mi faceva impazzire come colpiva la palla col rovescio in anticipo, era un fulmine. Mi sono sempre chiesto come mai, intrapresa la strada da coach, nessun italiano giovane l’abbia scelto come allenatore. Magari nell’intervista sarebbe stata una domanda da fargli.

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Antonio (Guest) 22-03-2023 09:32

Grande Davide

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+1: Luca Martin
Patoschi 22-03-2023 09:27

@ Mario Blu (#3460009)

Sanguinetti purtroppo era un tennista emotivo, capace di esaltarsi e deprimersi anche per un colpo andato a buon fine o meno. Contro Gustafsson sciolse completamente, ma lo svedese sul rosso era comunque piuttosto ostico. Non concordo sul fatto che sia stato solo Gaudenzi a portarci in finale. Nei quarti contro lo Zimbabwe Sanguinetti annichilì Byron Black, che non era tennista da terra rossa ma aveva fama di “ammazzaitaliani” (chiedere allo stesso Gaudenzi e a Furlan). Se non ricordo male fu 6-3 6-3 6-0 per Sanguinetti, una bella “legnata” per usare un termine caro a molti utenti su questo forum. Ma il capolavoro fu in semifinale a Milwaukee, quando sconfisse in tre set Todd Martin, numero 5 del mondo, sul veloce e a casa sua. Quella finale fu davvero sfortunata, sono convinto (ma ovviamente non ne avremo mai la controprova) che se Gaudenzi fosse riuscito nell’impresa di battere Norman, Sanguinetti avrebbe fatto tutt’altra partita con Gustafsson.

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+1: Luca Martin, Marco M., Etor
Mario Blu (Guest) 22-03-2023 08:23

Di Sanguinetti purtroppo ho un cattivissimo ricordo. La finale di coppa davis del 1998 giocata in modo orrido.
Andrea Gaudenzi ci aveva trascinato eroicamente quasi da solo in finale. Avevamo eliminato gli Usa in semifinale a casa loro.Gaudenzi stava per battere Magnus Norman all’epoca fortissimo ma si infortunò alla spalla.

Nel secondo match scese in campo Sanguinetti e si beccò un 61 64 60 da Gustafsson che era abbordabile. Più un’altra prova fiacca in doppio. Durante le premiazioni fu l’unico fischiato.

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-1: MATCHBALL, Etor
paola (Guest) 22-03-2023 08:14

Sarò schietta: il giovane giapponese è davvero troppo limitato fisicamente. Colpi leggerini, senza la benchè minima rotazione ed ora che inizia la stagione sul rosso non vedo come possa essere competitivo.
Sanguinetti era un pò come Mochizuki: gioco leggero e grande rovescio, che funzionava soprattutto sui prati.
Credo che il giapponese firmerebbe per una carriera come quella di Davide, che a differenza del nipponico era molto più strutturato fisicamente

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-1: MATCHBALL